 aprile 2008
Thomas Hengelbrock: passione barocca
di Stefano Nardelli
Musicista dai molteplici interessi, da oltre vent'anni Thomas Hengelbrock attira critica e pubblico per l'originalità delle proposte musicali e le incursioni in territori poco esplorati alla testa del Balthasar Neumann Ensemble, il gruppo musicale da lui fondato nel 1995. Solido il suo legame con il teatro musicale, nel quale vanta importanti collaborazioni con registi del calibro di Achim Freyer e Luc Bondy, la coreografa Pina Bausch (con cui ha recentemente portato in scena a Parigi la versione tedesca dell'Orfeo ed Euridice di Gluck) e con le maggiori istituzioni musicali europee. Hengelbrock collabora da anni con il Festival di Schwetzingen, a cui, dal 1995, riserva il recupero di gemme dimenticate del barocco italiano come La Didone di Cavalli, La divisione del mondo e Il Giustino di Legrenzi, Telemaco e Mitridate Eupatore di Scarlatti.
Alla vigilia del debutto nella Niobe, regina di Tebe di Agostino Steffani (Monaco 1688), Thomas Hengelbrock ci parla della sua passione per il barocco, di Steffani e della sua lungo sodalizio con Schwetzingen.
Da dove nasce il suo interesse per il repertorio operistico barocco e, più precisamente, per autori scomparsi dai repertori come Legrenzi, Steffani, Scarlatti? L'ambizione di espandere il repertorio tradizionale? Il desiderio di far riscoprire capolavori dimenticati? La necessità di trovare nuove nicchie di mercato?
"Se si dà un'occhiata ai programmi operistici attuali, si trova una lacuna sbalorditiva: dopo la Poppea di Monteverdi del 1643 nei repertori consueti si passa all'Agrippina del 1708: oltre 50 anni di storia dell'opera sono quindi sconosciuti al pubblico ed anche a molti musicologi. Le opere di Cavalli erano già relativamente vicine a ciò che il suo maestro Monteverdi aveva scritto. Ma quando molti anni fa mi sono trovato fra le mani La divisione del mondo nella Biblioteca Nazionale di Parigi, potevo a malapena crederci. Questa musica era davvero qualcosa di diverso da quel che si conosceva fino ad allora. La musica ed anche il libretto erano così buoni che dovevamo semplicemente presentarla al pubblico."
Scorrendo i suoi progetti passati si ha l'impressione che lei riserva a Schwetzingen le scelte meno popolari o più difficili, in particolare negli anni più recenti. Dipende dal fatto che un piccolo teatro come Schwetzingen offre condizioni ideali per repertori desueti o trova che a Schwetzingen ci sia un pubblico più disponibile per questo tipo di proposte? Come sceglie normalmente i suoi progetti barocchi per Schwetzingen?
"La cosa più importante è che un buona opera abbia una buona storia. Molti dei lavori che abbiamo presentato a Schwetzingen, erano nel loro tempo dei successi di cassetta. E lo sarebbero ancora oggi, se venissero rappresentati. È importante che questi lavori entrino di nuovo nel repertorio. Per esempio, Il Giustino di Legrenzi ai suoi tempi era un'opera molto popolare, che veniva eseguita in tutta Europa. Nella generazione successiva persino grandi compositori come Händel o Vivaldi ne facevano dei remakes. Tuttavia nessuna di queste composizioni ha raggiunto la popolarità della versione di Legrenzi. Non è un caso forse che il nostro Giustino del 2007 sia stato nominato dalla rivista Opernwelt come riscoperta dell'anno."
Ci racconta com'è arrivato a quest'opera e ad Agostino Steffani?
"Nella musicologia, in effetti Steffani è noto da molto tempo. Alcuni delle sue composizioni vennero rese accessibili quasi un secolo fa in edizioni commemorative. Inspiegabilmente queste composizioni non sono state quasi mai eseguite. Forse la ragione è che oggi noi abbiamo molta più esperienza con le prassi esecutive della musica del XVII secolo. Con una orchestra tradizionale alcuni lavori non sarebbero eseguibili."
Per quanto riguarda il barocco italiano, i suoi interessi sembrano orientati prevalentemente a musicisti veneziani o di area veneta. Come colloca quest'opera nella produzione dell'epoca, e più precisamente in relazione ad altre opere contemporanee come Il Giustino di Legrenzi, che lei ha diretto a Schwetzingen nel 2007?
"Agostino Steffani veniva dell'ambiente veneziano e conosceva bene il linguaggio musicale del suo paese. L'attenzione per la musica italiana a Monaco era tradizionalmente molto elevata. Grazie all'orientamento politico del suo signore Massimiliano Emanuele II sulla Francia assolutista, anche la musica francese ebbe un influsso crescente. Steffani visitò diverse volte Lully a Parigi e, molto prima del cosiddetto "gusto misto" del tempo di Telemann, riuscì a combinare in maniera molto originale le nuove conquiste della musica italiana e francese. Questo aspetto si coglie, ad esempio, dall'impiego delle tipiche danze di gusto francese o di orchestre grosse e ricche di colori che non erano comuni nell'ambiente veneziano. La cosa davvero speciale in questa musica è la sua immensa ricchezza di idee. Una tale abbondanza di idee in uno spazio limitato lo si ritrova solo molto dopo in Johann Sebastian Bach."
Ha anche curato la revisione della partitura originale di Steffani?
"Abbiamo da alcuni anni una propria collana editoriale, le Edizioni Balthasar Neumann, che io pubblico in stretta collaborazione con musicologi e i nostri musicisti. La partitura di Steffani, che oggi si trova a Vienna, non pone particolari problemi di lettura. È un manoscritto praticamente sena errori, che è stato molto più facile da editare che per esempio Il Giustino di Legrenzi, per il quale è stata necessario un importante lavoro di ricostruzione."
A suo avviso, qual è il valore principale della riproposta della Niobe di Steffani per il pubblico contemporaneo?
"Quanto sia avvincente e facilmente accessibile la musica del tardo XVII secolo per il pubblico moderno lo abbiamo visto lo scorso anno con Il Giustino. Nella Niobe si distinguono in maniera esemplare la morte di Anfione e la protagonista attraverso un realismo insuperabile: ogni emozione del sentimento fra dolore e disperazione è espressa con i modi più diversi e spesso arditi. Arroganza e alterigia, due temi importanti nel libretto di Niobe, non sono materia del tardo barocco, ma si dovrebbero piuttosto cercare nella sezione economica di un giornale. Solo che con Steffani non siamo nello stereotipo. È lo stile dell'opera da camera, un tratto dei personaggi molto individuale, che rende l'opera termendamente interessante per la scena d'opera moderna."
La Niobe di Steffani sarà preceduta da una nuova composizione di Adriana Hölszky, HYBRIS/Niobe ispirata all'altra Niobe. Ci può dire qualcosa su questa combinazione/contaminazione fra musica antica e contemporanea?
"Col mio Balthasar Neumann Ensemble abbiamo già messo insieme musica antica e moderna. Per esempio, abbiamo suonato le Quattro stagioni di Vivaldi insieme con la prima esecuzione di Intermezzi di Johannes Harneit scritta per strumenti antichi. Nel caso di Niobe il discorso è diverso: HYBRIS/Niobe è una commissione del Festival di Schwetzingen, che sarà eseguita dal SWR Vokalensemble diretto da Denis Comtet."
Oltre alla direzione musicale, in qualche occasione si è anche occupato di regia (per esempio per il Re pastore a Salisburgo nell'anno mozartiano). Come interagisce normalmente con i registi, in particolare quando lavora a progetti che sembrano direttamente ispirati dai suoi interessi musicologici? E per venire alla Niobe come considera la collaborazione con il regista Lukas Hemleb, con cui ha già collaborato per il Telemaco a Schwetzingen nel 2005?
"Il teatro musicale è per me un lavoro di stretta collaborazione fra tutte le componenti coinvolte. Mi piace studiare la partitura con il regista, se elaboriamo un concetto comune. Ci scambiamo intensamente concetti sia musicali che scenici, il mio lavoro non è mai limitato alla fossa orchestrale. A Lukas mi lega un lavoro intenso e fruttuoso. Ci confrontiamo intensamente nei preparativi ed è magnifico come sia facile trovare un linguaggio comune."
La sua collaborazione con il Festival continua dal 1995: cosa la lega a Schwetzingen?
"Da 12 anni sono per così dire artista in residenza al Festival con il mio Ensemble. Ho sviluppato una relazione speciale con Schwetzingen e sono contento che vi sia un luogo nel paesaggio musicale dell'opera tedesca in cui sia possibile presentare tali riscoperte e rarità. La Didone di Cavalli o Il Mitridate o Il Telemaco di Scarlatti, La divisione del mondo di Legrenzi - tutti lavori meravigliosi che abbiamo potuto eseguire qui, tutti lavori che si dovrebbero ascoltare più spesso!"
Dalla prossima edizione il Festival avrà un nuovo direttore del teatro musicale, il regista Georges Delnon. Sono previste altre collaborazioni sue o del Balthasar Neumann Ensemble anche in futuro?
"Al momento non abbiamo in programma nessun altro progetto." |