IL GAZZETTINO
28 gennaio 2008

La Fenice inaugura la stagione con un'opera rara del maestro lucchese
Atmosfere déco per La Rondine

Venezia. L'altro giorno agli Amici della Fenice c'è stata una divertente "querelle" tra il nostro più autorevole critico musicale Mario Bortolotto e il direttore artistico Fortunato Ortombina. Bortolotto ha sostenuto, con perentoria sicurezza, che "La Rondine" di Puccini è un'opera mancata (dichiarazione che ha sconcertato, alle Sale Apollinee, i fedeli appassionati di melodramma), mentre Ortombina ha parlato di un'opera "grandissima", più che meritevole di essere riproposta. Forse "La Rondine" non è proprio grandissima, ma è certamente importante; anzi sarebbe un (quasi) capolavoro se l'autore avesse trovato un epilogo meno generico e sdolcinato. Non a caso i pucciniani deputati (Carner, D'Amico, Girardi) l'hanno da tempo riabilitata.Eppure "La Rondine" stenta a circolare e a sollecitare l'interesse del pubblico (peraltro spesso inerte di fronte a testi poco frequentati), fors'anche per talune debolezze del libretto e per la difficoltà a uscire da un vicolo cieco nel finale: la vicenda sembra girare a vuoto e non si riesce a capire il senso drammaturgico di un amore interrotto senza un epilogo tragico.

Comunque l'idea di aprire la stagione della Fenice, nel centocinquantenario della nascita di Puccini, con "La Rondine" pare eccellente, soprattutto se si giova di un regista della statura di Graham Vick, anche perché un teatro lirico, in larga parte finanziato dallo stato, ha l'obbligo di non limitarsi ai capisaldi del repertorio. "La Rondine" nei primi due atti riprende il modello della "Bohème": le affinità sono evidenti soprattutto nel quadro Da Bullier che replica il taglio teatrale del Quartiere Latino. Nel prim'atto la garbata scioltezza delle situazioni, gli appelli melodici di arie (o presunte arie), duettini terzetti quartetti, sono di una sapiente raffinatezza e tra le pagine più eleganti del musicista lucchese. Clamoroso anche il ricorso ai più diversi stili americani, testimonianza di un accorto aggiornamento linguistico e di una singolare curiosità intellettuale (si pensa a certo successivo Milhaud). I tratti naturalistici del Puccini precedente sono come oggettivati in una limpida razionalità decisamente novecentesca, con una orchestrazione degna di Ravel.

Graham Vick traspone l'azione alla metà del Novecento rispetto al Secondo Impero del bistrattato libretto. La scelta del registro inglese consente di uscire dalle convenzioni ottocentesche con un segno brillante, ironico, cinematografico. La sottigliezza nello stile di conversazione, lo spettacolare, abbagliante quadro di Da Bullier - concepito come enfatizzazione persino esibita di quel valzer che è una delle costanti della partitura -, il paesaggio semplice e marino in cui la protagonista Magda abbandona l'amato Ruggero, involandosi come una rondine, verso una moderna automobile, per ritornare alla vita mondana illusoriamente rifiutata. Com'è noto una sorta di "Traviata" rovesciata.Il cardine dello spettacolo è nella scenografia di Peter Davison che trascorre da un salotto déco - più anni Trenta che anni Cinquanta -, ad una balera che accoglie danze smodate e folcloriche, all'astrazione minimalista (la luce di Guidi?), insomma una scelta visiva tripartita che crea comunque un decorso drammaturgico in un testo discontinuo. Gli inventivi costumi di Sue Willmington sono sempre legati a memorie filmiche di metà Novecento. Unico limite dello spettacolo è la goffa recitazione dei due protagonisti - evidente soprattutto nel terz'atto -, mentre gli altri personaggi si muovono con accortezza. A proposito: il disinvolto e sofisticato stile di commedia solleciterà il Rota del "Cappello di paglia di Firenze".

Carlo Rizzi dirige con impeto ed evidenza ritmica che si direbbero verdiani. Ma "La Rondine" non è un "Ballo in maschera"; esige delicatezza, trasparenza, flessibilità. Ne parlava lo stesso Puccini in una celebre dichiarazione: "È opera leggera, a tinte tenui, e le orchestre hanno sempre appesantito tutto". L'euforia danzante del secondo atto risultava l'altra sera troppo imperativa, il cantabile troppo esplicito.

Il ruolo della protagonista, Magda, è impervio, una specie di punto d'incontro tra Mimì e Madama Butterfly, ossia un soprano insieme intimista e di drammatica evidenza. Inevitabilmente Fiorenza Cedolins (che, in gergo burocratico, è divenuta oggi un lirico spinto) sacrifica la grazia lieve del prim'atto con severo sussiego e senza frivolezza, ma è magnifica nel terz'atto, là dove attribuisce all'inconsistenza della situazione una toccante verità drammatica. Il ruolo del giovane innamorato Ruggero è affidato da un buon tenore, Fernando Portari, che tende però al canto aperto senza interne modulazioni espressive. Lisetta è l'esordiente Sandra Pastrana, un brillante soprano, ancora però acerbo per le acrobatiche lucentezze della smaliziata Cameriera. Le è a fianco Emanuele Giannini, che gioca opportunamente con la salottiera caratterizzazione del poeta Prunier. Stefano Antonucci disegna con gusto impeccabile la figura di Rambaldo, il ricco amante di Magda. Ben coordinato lo stuolo dei comprimari. Emanuela Di Pietro ha diretto con la consueta competenza il coro della Fenice. Pubblici piuttosto compassato dopo i primi due atti, molto calorosamente partecipi alla fine.

Mario Messinis

 

Il giornale di Vicenza
28 gennaio 2008

Lirica. La stagione operistica della fenice si è inaugurata con uno dei titoli meno eseguiti del compositore
"La Rondine", quando Puccini cercava la via della commedia

Cesare Galla
INVIATO A VENEZIA

A Parigi, negli anni del Secondo Impero, la mantenuta di un banchiere - sistemata in una bellissima casa - vagheggia un amore semplice e ingenuo, lontano dall'aridità della convenienza. Un amore come quello solo sfiorato da fanciulla alla birreria Bullier, una sera che era sfuggita al controllo della vecchia zia. Detto fatto, decide di tornare sul luogo di quel lontano incanto e la magia si ripete. Incontra un giovanotto che la fa sognare e decide di fuggire con lui in Costa Azzurra. Ma non c'è posto per il sentimento disinteressato, nella sua vita. Proprio quando lui ottiene il consenso alle nozze dalla vecchia madre, lei gli confessa di non essere degna di una vita normale, a causa dei suoi trascorsi. Conclusione? Se ne torna dal suo comprensivo banchiere.

Questa specie di "Traviata" a metà (a differenza di Violetta, la protagonista Magda non ha un quasi-suocero molto ingombrante, non conosce spirito di sacrificio, e soprattutto non ha la tisi, non cerca la catarsi, non muore) è " La Rondine" di Giacomo Puccini. Il quale del resto non aveva affatto l'intenzione di immergersi nuovamente in un dramma di eroine destinate a perdersi e pensava piuttosto a una commedia lirica. Non un'operetta (il progetto era nato così, ma aveva preso ben presto altre vie) e non un melodramma: diciamo una rivisitazione moderna del "mezzo carattere" orientata piuttosto sul frivolo e sul comico.

L'operazione gli riuscì solo in parte. " La Rondine " (1917) rimane infatti un'opera problematica, tarpata da un finale irrisolto. Fuori dal dramma, il compositore lucchese cominciava a conoscere l'irresolutezza drammaturgica nelle conclusioni che sarebbe diventata acuta di lì a pochi anni con "Turandot". Né l'intermittente ricchezza della scrittura - aperta a sofisticate soluzioni stilistiche diverse, la più interessante delle quali è quella "orientale" - serve a innervare più di tanto una drammaturgia appena abbozzata. Non per caso, dunque, quest'opera rimane ai margini del repertorio, ma certo è opportuno tornarvi in una stagione come quella 2008, nella quale si celebra il centocinquantenario pucciniano.

La Fenice - dove mancava da un quarto di secolo - ha pensato di farne l'inaugurazione della sua stagione, chiamando a realizzare lo spettacolo Graham Vick, uno dei registi di punta nel panorama operistico internazionale. Vick sposta la vicenda negli anni Cinquanta del '900 e punta molto su di una distaccata ironia nell'accentuazione dei drammi interiori della protagonista. L'ambientazione (scene di Peter J. Davison, costumi di Sue Willmington) è elegantissima nell'interno alto-borghese del primo atto, tendente al pop nel secondo (da Bullier), da cartolina nel terzo, con una ringhiera sulla quale tutti i personaggi maschili dell'atto sono chiamati prima o dopo a inerpicarsi o a volteggiare, più o meno pericolosamente. L'allestimento è ricco e dove si può affollato di comparse e coristi, la regia come sempre attentissima, i movimenti fluidi e impeccabili anche nelle masse. Vick segue attentamente Puccini e non gli regala nulla. Così lo spettacolo è leggero ma non particolarmente brillante, come se fosse incerto sulla direzione da prendere. Ma questo, per così dire, è un difetto d'origine.

Tutt'altro che leggera è la direzione di Carlo Rizzi, che accentua le dinamiche, ispessisce i colori, concede poco o nulla alle non frequentissime aperture melodiche, senza alcuna preoccupazione per la commedia. La quale rimane così affidata ai cantanti in scena, con esiti differenti. Fiorenza Cedolins, un grande soprano lirico-drammatico, cerca per Magda una linea mediana, pensierosa ma non troppo, restando però piuttosto lontana dall'ironia nei momenti lievi, e invece accentuando fin troppo il tormento in quelli gravi, che tanto gravi poi non sono. Fernando Portari spinge molto nel ruolo dell'amoroso Ruggero, con riuscita non di rado vocalmente tesa, a tratti forzata, mentre Emanuele Giannino e Sandra Pastrana - cui toccano i soli ruoli effettivamente leggeri, quelli del poeta Prunier e della servetta Lisetta - si propongono con elegante brillantezza e appropriata linea di canto. Fra tutti i comprimari, una citazione per Stefano Antonucci, il banchiere Rambaldo, per la presenza scenica. Successo molto vivo e alla fine ripetute chiamate per tutti.

Con due compagnie, "La Rondine" replica per altre cinque volte: il 29, 30 e 31 gennaio e il 3 e 5 febbraio, martedì grasso.

 

La Repubblica
Lunedì, 4 febbraio 2008

Musica
L´operina di Puccini diventa travolgente

"Non voglio rovinarti" grida la cocotte Magda a Ruggero, quando il giovane la chiede in moglie. Ma sarebbe stata più coerente se avesse detto: "Non voglio rovinarmi". Lasciare la vita mondana di Parigi per rinchiudersi con la suocera in una villa di campagna? Il terzo atto della Rondine di Puccini sembra un manifesto di Ruini e del family day. A Puccini è mancato il coraggio di scrivere una commedia leggera con tanta musica ballabile del momento, dal jazz al cabaret. Scrive invece una cosina striminzita con qualche valzeretto, su un libretto di bruttezza irrecuperabile. La strumentazione è raffinatissima, ma troppo poco per un teatro moderno. Tuttavia l´allestimento veneziano è travolgente. Graham Vick diverte, scene bellissime di Peter J. Davison, costumi fantasiosi di Sue Willmington. Fiorenza Cedolins nel ruolo di Magda è coinvolgente, bravo Fernando Portari nella parte di Ruggero, strepitosa soubrette Sandra Pastrana nel ruolo di Lisette, e bravissimo Emanuele Giannino in quello di Prunier. Carlo Rizzi dirige senza convinzione la raffinata partitura di un´opera mancata. Orchestra e Coro della Fenice rispondono benissimo. Successo quasi trionfale per tutti. (Dino Villatico)

 

CORRIERE DELLA SERA
10 febbraio 2008

Elzeviro. L' opera meno eseguita di Puccini
IL VOLO ELEGANTE DELLA "RONDINE"
Alla Fenice di Venezia una miscela di valzer, fox-trot e tango

La grande cortigiana, la femme entretenue, rappresenta un capitolo nella storia del Melodramma. Noi qui vogliamo interessarci non tanto della femme entretenue in prospettiva storica (dunque, le Manon, che non sono solo due) quanto di quella che il Melodramma dipinge in vesti contemporanee. Così La traviata, che nasce dal dramma di Alexandre Dumas successivo al romanzo La dame aux camélias, arditissima pel soggetto e lo svolgimento. Il punto finale della parabola è la "Commedia lirica" di Puccini La rondine del 1917. Il quid medium fra questa e La traviata si potrebbe considerare l' Opera di Massenet Sapho (1897), tratta dal romanzo di Alphonse Daudet. La rondine è una croce nella dottrina pucciniana per la diversità di punti di vista onde viene contemplata e dello stesso giudizio di merito che ne viene dato: in fatto, è un unicum nella produzione del suo Autore. Il direttore della prima esecuzione assoluta, a Montecarlo, fu Gino Marinuzzi; e Victor De Sabata la teneva in singolare predilezione.

Questa "Commedia lirica" è dunque strettamente legata ai due più grandi direttori d' orchestra italiani, e non solo, del Novecento. Rifare la storia compositiva della Rondine, ancor oggi la meno eseguita tra le creazioni di Puccini, a non considerare le giovanili Villi e l' Edgar, varrebbe a spiegare il perché di tanta difficoltà: qui si accenni solo al fatto che l' Opera ebbe una falsa partenza, un invito viennese a Puccini a scrivere un' Operetta in tedesco. Puccini dapprima esitò, poi rifiutò decisamente per la sua avversione contro una forma fatta di "numeri" musicali collegati da parti recitate. Il suo librettista Giuseppe Adami utilizzò tuttavia lo schema di Commedia di Alfred Maria Willner e Heinz Reichert, che nella locandina sono indicati quali coautori del Libretto. Ed ecco la storia, svolgentesi nel II Impero a Parigi, di Magda, una femme entretenue dal banchiere Rambaldo. Giunge a Parigi dalla provincia il giovane Ruggero, capita a casa di Magda ma non la conosce. Tutte le giovani cocottes che si trovano lì gli consigliano, per la sua prima serata a Parigi, la sala da ballo Bullier. Nel II atto egli vi si reca: anche Magda è lì, travestita con gli abiti semplici di una ragazza perbene, ed è lì pure, travestita con gli elegantissimi abiti della sua padrona, la cameriera Lisette. Magda s'avvicina a Ruggero, incominciano a parlare, Ruggero confida che per lui l' amore dovrebb' essere uno solo e per sempre. Il colpo di fulmine è reciproco e Magda abbandona il suo finanziatore per il giovanotto. Nel III atto i due sono in Costa Azzurra e vivono spensierati senza un soldo. Ma a Ruggero giunge una lettera della madre che acconsente alla sua richiesta di portare Magda a casa e sposarla. Qui la situazione si fa insostenibile: Magda deve confessare chi è: quindi non può far altro che sacrificarsi, tenta di far ragionare Ruggero e, di fronte alle sue preghiere di non lasciarlo, esce di scena in punta di piedi. La leggerezza di questa "Commedia di conversazione" e la presenza, oltre che di trascinantissimi valzer, anche di fox-trot, tango, polka e one-step, avvicinerebbero lo stile della Rondine all' Operetta se la partitura raffinatissima non rifacesse, con sporadico ammiccare, i modi di questa alla stessa guisa di Ravel quando adopera il jazz. Non bisogna dunque, in tale suprema forma di dandysmo musicale, farsi ingannare dall' ostentazione di semplicità e "facilità", che sono invece costruite con arte sofisticatissima.

Ora, arte sofisticatissima è anche quella dell'allestimento di Graham Vick, con le scene super-eleganti di Peter J. Davison e i costumi del pari di Sue Willmington, proposto adesso dalla Fenice di Venezia. Vick è riuscito all' impresa di portare la vicenda ai nostri anni Cinquanta con una tale leggerezza di mano da render del tutto naturale la trasposizione e da non far nascere intimi contrasti fra il senso del testo (parola-musica) e ciò che noi vediamo. Quelle figurette femminili nel salotto simplex munditiis del I atto con le sue vetrate sono l' essenza dello chic, come la cameriera nel II sembra nel night-club, col suo cappello a cono largo, Audrey Hepburn. Nel III atto il fondale è scoperto a vista, arrotolato su di un lato, e quando Magda abbandona la scena crolla lasciando davanti a noi il palcoscenico nudo.

Direttore Carlo Rizzi, la ben assortita compagnia vede a protagonista dell' impervio ruolo Maria Luigia Borsi, due buoni tenori, Fernando Portari ed Emanuele Giannino, e la soubrette semplicemente perfetta Sandra Pastrana.

Paolo Isotta

 

Il giornale della musica
30 gennaio 2008

Torna "La Rondine", aggiornata e inquieta

Inaugurare la stagione lirica 2008 e i corrispondenti festeggiamenti pucciniani con un lavoro poco popolare come "La Rondine" (proposta nella prima versione del 1917) è una scelta non banale e va dato atto al Teatro la Fenice di avere offerto una nuova possibilità di riflessione su quest'opera, i cui meriti – non pochi, anche se frammentati – e i cui limiti non è qui la sede per riprendere.

Questo nuovo allestimento, in coproduzione con il verdi di Trieste, ha la sua forza nelle belle scene di Peter Davison, che trasportano la vicenda nella seconda metà del nostro secolo. Le tre grandi scene, la prima del salotto della casa di Rambaldo, la seconda – vivacissima tra Vespe e insegne luminose – tra le gozzoviglie di Bullier e la terza, caratterizzata dal "vuoto" della grande terrazza sul mare sulla quale si consuma l'addio, sono curate e efficaci, così come la regia di Graham Vick, sebbene gli interpreti si muovano a volte in modo un po' impacciato. Colpisce in modo particolare la distanza anche fisica (specie nel terzo atto, che da libretto suggerisce strazianti abbracci) con cui il regista sottolinea l'attualità della noia e dell'insensatezza di fondo di tutta la vicenda. Tra i cantanti, Fiorenza Cedolins è una Magda di ottimo spessore, così come buoni sono anche il Ruggero di Fernando Portari e una Lisette ben tratteggiata da Sandra Pastrana. Diligente la direzione di Carlo Rizzi e la prova dell'orchestra, alle prese con una partitura che è ricca di spunti interpretativi non sempre facili da rendere fluidi. Applausi affettuosi più che calorosi, in fondo il pubblico rischia sempre di entusiasmarsi per quello che già si aspetta.

Enrico Bettinello

 

dradio.de
28. Januar 2008

Lyrische Komödie der Künstler
Graham Vick deutet "La Rondine" in Venedig neu

Von Christoph Schmitz

Giacomo Puccinis Schwalbe, "La Rondine", war ursprünglich als lyrische Oper für Wien geplant. Dann wurde das Stück 1917 wegen des Ersten Weltkrieges in Monte Carlo uraufgeführt. Zur Spielzeiteröffnung in Venedig nimmt Graham Vick eine Neuinszenierung vor: Der einst radikale "Britpopper" aus London verlegt Puccinis Liebesgeschichte in die späten 1950er Jahre.

Die Premiere begann nicht mit Musik, sondern mit einer Durchsage der Opernleitung. Die Hälfte der Kasseneinnahmen des Abends sei für die Hinterbliebenen der Unfalltoten im Hafen von Mestre gedacht. Zwei Werftarbeiter waren kurz zuvor ums Leben gekommen. Wieder einmal die Folge mangelnder Sicherheitsvorkehrungen. Die Fahnen der linksregierten Stadt standen auf Halbmast, Karnevalsveranstaltungen auf dem Markusplatz wurden abgesagt, Solidarität mit den Opfern auf der Bühne und im Publikum, Schweigeminute.

Das wirkliche Leben von heute dringt in den barocken Kunstraum einer Stadt, die vor allem von altem Glanz und touristischer Verkleidung lebt. Doch auch in künstlerischer Hinsicht will das Theater der Gegenwart Platz machen, erklärt der neue künstlerische Direktor des La Fenice, Fortunato Ortombina.

"Die Oper und das Theater sind die DNA unserer Gesellschaft. Unser Publikum will das Neue. Das gilt auch für die Regie. Schließlich hat Venedig durch die Kunstbiennale einen starken Bezug zur zeitgenössischen Ikonografie", sagt Ortombina und bezieht diese Ambitionen auch auf die Neuinszenierung von Puccinis "La Rondine", die zum Saisonauftakt der Regisseur Graham Vick übernommen hat.

Zusammen mit seinem Bühnenbildner Peter Davison hat der einst radikale "Britpopper" aus London, Graham Vick, Puccinis Liebesgeschichte von 1900 in die späten 1950er Jahre verlegt. Aus dem Fin de Siècle-Pomp der Pariser Bankierswohnung ist eine kühl-elegante Chrom-Suite geworden. Die Halbweltdamen tragen die Haute Couture jener Zeit. Im zweiten Akt sieht man viel Pepita und Schmalzlocken, der Tanzsaal des Café Bullier hat sich in einen Luna-Park verwandelt, wo die Vespa-Fahrer mit ihren Mädchen zu Puccinis Rhythmen wirbelnden Rock 'n' Roll hinlegen.

Die Jugend in den 50ern war noch recht zahm. In Gestik und Mimik fügt Graham Vick seine Protagonisten absolut stimmig ins Vergnügungsmilieu dieser Zeit ein. Wie sich die Geliebte des Bankiers, Magda, von diesem trennt, wie sie sich in den jungen, naiven Ruggero auf dem Luna-Park verliebt und mit ihm auf der Suche nach der bedingungslosen romantischen Liebe nach Nizza flüchtet, das könnte die perfekten Filmbilder für eine Romanze im vermeintlich heilen Nachkriegsjahrzehnt abgeben.

Leicht sieht alles aus, und leicht gemacht. Mit Eleganz und luftiger Transparenz liefern der Dirigent Carlo Rizzi und das Fenice-Orchester die dazugehörigen Klänge. Der Dichter und die Dienerin spielen und singen quirlig die Witzpartien. Fernando Portaris Ruggero ist jugendlich frisch, und die Sopranistin Fiorenza Cedolins verleiht ihrer Magda eine Stimme von großer Reinheit und Zärtlichkeit bis ins Pianissimo.

So gekonnt die Leichtigkeit dieser aus der Idee der Operette geborenen Oper zum Leben erweckt wurde, so sehr blendeten Musik und Szene alle untergründigen Spannungen und offensichtlichen Eruptionen aus. Magda darf einmal etwas Kristall zerbrechen und Ruggero heulend in die Knie gehen. Als Höhepunkt des Regietheaters fällt am Ende, wenn Magda den Geliebten in Nizza verläßt, der Stoffhimmel über der Cote d'Azur zu Boden.

Darum ist diese neue "La Rondine" letztlich eine gefällige Produktion. Sie begnügt sich mit der Oberfläche einer historischen Verwandlung. Die unschöne Wirklichkeit des Privaten und Politischen, gleich ob die der 50er Jahre oder der Gegenwart, läßt sie nicht an sich heran. Obwohl Puccinis Spätwerk, komponiert während des Ersten Weltkrieges mit Zitaten aus der ins Atonale schweifenden "Salome" von Richard Strauß, manchen Anknüpfungspunkt bietet.

Wenn die Hafenarbeiter von Mestre ins La Fenice gingen, könnten sie sich dort in einer venezianischer Verkleidungsoper vom Tod ihrer Kollegen für zwei Stunden nur ablenken lassen. Aber der neue Chef Ortombina ist ja erst seit vier Monaten im Amt. Da kann es mit der Zeitgenossenschaft noch was werden.

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