David PountneyDavid Pountney
Appunti per un’interpretazione registica di A Midsummer Night’s Dream

Il sogno di una notte di mezz’estate tenta, così come le altre commedie di Shakespeare, di esplorare la natura dei personaggi, collocandoli in circostanze strane e non convenzionali, per poi osservarli mentre prendono coscienza del loro lato nascosto, superando questa ‘difficoltà’ alla fine. In Come vi pare essi vengono esiliati in un "desert" – termine usato da Shakespeare per indicare la natura selvaggia e indomita –, sentito in epoca preromantica come qualcosa di raccapricciante e spaventoso. Nella Dodicesima notte i personaggi fanno naufragio su una spiaggia straniera, l’Illiria, nel Sogno sono la Foresta e i suoi abitanti fatati a fornire quello scenario di incertezza e confusione, dove i protagonisti possono scoprire passioni e qualità a loro ignote, nei percorsi ordinari della vita di tutti i giorni.

Dal momento che si tratta principalmente di un processo di apprendimento che prepara i partecipanti a far ritorno arricchiti alla propria esistenza, potrei dare a questa regìa un sottotitolo: Scuola serale.

Scuola in quanto luogo di apprendimento, serale perché ciò avviene nell’oscurità e sull’oscurità – oscurità non solo della notte ma anche emotiva e psicologica – e Scuola serale nell’insieme perché è un posto dove gli adulti vanno per imparare, arricchire la propria cultura e ‘migliorare se stessi’.

Questa associazione si rivela importante (per noi, non per il pubblico che non è obbligato a saperlo) dato che in questa scuola si trovano evidentemente tre diverse generazioni. Ci sono i bambini – le fate – e i loro genitori/maestri Oberon e Titania (Benjamin Britten e Peter Pears, ovviamente) spaventati e inefficienti che impartiscono un’educazione inquietante sul mondo delle emozioni e del matrimonio con il loro cattivo esempio. Ci sono i giovani – gli amanti – che vanno disperatamente alla ricerca di una ventata di novità e di esperienze dell’ultima ora, prima di mettere la testa a posto e scoprire le conseguenze del più grande errore della vita, il matrimonio!

E ci sono i vecchi strambi – gli artigiani – che sono ormai al di là della sperimentazione erotica e sono passati con naturalezza al teatro come strumento per capire chi si è, fingendo di essere ciò che non si è. Questo scompiglio è osservato dall’alto (in senso letterale – infatti ‘osserveranno’ gran parte della rappresentazione da un palco) da una coppia di progenitori – Teseo e Ippolita.

Bozzetto di Stefano Lazaridis

La rappresentazione inizia quindi in un’aula scolastica, un edificio dall’aspetto piuttosto puritano con balcone e larghe finestre. Questo è ciò che si vedrà prima che la musica cominci. Con le prime magiche note questo spazio piuttosto austero lentamente si trasforma mentre gli ‘scolari’ – in questo caso l’intera compagnia (cioè le tre generazioni) si siedono ai loro posti. La lavagna sul muro in fondo all’aula è una superficie trasparente dietro la quale si può vedere la ‘foresta’ e, attraverso i finestroni chiari, i segni della natura riescono a penetrare nell’aula. Lo spazio è così sia giocoso – l’aula può anche trasformarsi in palestra o nel podio di un rudimentale teatrino scolastico – che suggestivo, consentendo al raffinato ritratto della natura dipinto dalla musica di trovare il suo equivalente sulla scena.

Il palco fornisce un punto di vista voyeuristico dal quale i ‘maestri’ infidi e malevoli (Oberon e Titania) possono osservare i progressi dei loro scolari e, anche, tramare reciproca vendetta. In altri momenti i bambini possono osservare – si spera con risultati proficui – le molte follie dell’amore giovanile.

Speriamo che questa idea metterà in risalto gli elementi di indagine psicologica inerenti all’opera, lasciando ampio spazio ad un divertimento giocoso e di suggestiva bellezza.

traduzione dall’inglese di Francesca Piviotti Inghilleri