LA GAZZETTA DI PARMA15 dicembre 2006

LA RECENSIONE
Opera e video, "Paragone" riuscito

TEATRALITA' CHE NASCE E SI DEFINISCE SULLO SCHERMO. MA AL FELICISSIMO ESITO DELLA PRIMA AL REGIO CONTRIBUISCE L'OTTIMO CAST

Opera e video, "Paragone" riuscito Spettacolo efficace con una sola insidia: come nella realtà, la tv "rischia" di mangiarsi la musica II Con l'esito felicissimo della serata inaugurale al Regio, si sono naturalmente dissolti gli interrogativi, sfiorati da ombre scettiche, suscitati dalle anticipazioni sul carattere particolare, "tecnologico ", di questa messa in scena della rossiniana "Pietra del Paragone"; che si è rivelata in realtà non poco attrattiva, una volta superato il primo quarto d'ora di adattamento per l'occhio, continuamente spiazzato dal rimbalzo delle immagini dal piano reale a quello ricreato sul video. Il gioco stava in effetti tutto qui, nella realizzazione di una teatralità che si vedeva nascere e che in tempo reale si definiva sullo schermo, sdoppiamento intrigante, pieno di sorprese, che imprimeva un passo narrativo tutto particolare alla strampalata vicenda. Come già aveva fatto Pizzi nella ripresa pesarese di qualche anno fa, anche Barberio Corsetti, in singolare intesa con il videomaker Pierrick Sorin, ha reinventato la storia come una commedia all'italiana anni sessanta, proponendo un'ambientazione che ricalcasse certi tic, propri di quella stagione, grande villa da nuovi ricchi, costumi giustamente datati, il gusto di una società insomma esibito nella sua ostentazione e qui soprattutto codificato attraverso quella insottraibile incombenza che è per noi lo schermo televisivo.

Vero e proprio Moloch, capace di mangiarsi tutto quanto lo attraversa; la musica soprattutto: e questa è stata un po' l'insidia sottile che abbiamo avvertito penetrare nelle pieghe di questo spettacolo divertentissimo, quella di farci un po' dimenticare il vero passo dell'opera rossiniana la cui frenesia indiavolata, nello sbalzo verso l'astrazione pura del "comique absolu " sembrava come assorbita dall'irrequietezza inventiva delle immagini, reincarnazione attuale del gioco farsesco. Gioco che nella "Pietra di paragone " non esaurisce lo spazio drammaturgico, perché questo Rossini ventenne che con quest'opera riceve il primo straordinario battesimo dal pubblico della Scala dice qualcosa di più, scava sotto la superficie briosa per cogliere più trepide apprensioni; in altre parole lavora sui caratteri, modulando i trapassi con l'inconfondibile curvatura melodica e con quella mano intimamente felice che rende compatibile l'introspezione con quella schermaglia satirica che ha un momento esilarante nella messa in ridicolo di un giornalismo venale.

Opera difficile e complessa, dietro l'apparenza così leggera, perché richiede un cast allargato in cui nessuno spicca con una evidenza protagonistica: cast che l'altra sera si è rivelato pienamente soddisfacente per aderenza ai vari tipi e per l'equilibrio d'assieme, con il perno rassicurante, per prestigio, autorevolezza musicale, proprietà stilistica rappresentato da Michele Pertusi attorno al quale gravitavano armoniosamente gli altri, una duttile, vocalmente squisita Sonia Prina, le piccanti contendenti Paola Cigna e Daniela Spini, e il quartetto maschile, ben caratterizzato, composto da José Manuel Zapata, Joan Martin-Royo, Christian Senn e Filippo Polinelli. Sul podio Jean-Christophe Spinosi assicurava la tenuta del passo narrativo lasciando avvertire, nello stesso tessuto non sempre trasparente dell'orchestra e in certa irruenza di quello corale, più la tensione imposta dalla particolare dinamica dello spettacolo che non la fragranza immaginativa, quella indicibile "follia organizzata" che Rossini immette nello strumentale di quest'opera, segnale ormai inequivocabile di una suprema maturità. Registi innovativi. Meritata ribalta per Giorgio Barberio Corsetti e Pierrick Sorin. Alle loro spalle l'intero cast della "Pietra del Paragone".

 

operaclick.it
dicembre 2006

Parma Teatro Regio
Gioacchino Rossini La Pietra del paragone

Il preludio parte con precauzione, come a voler dire che ci vuole coraggio ad aprire il sipario su un grande vuoto blu. Sul crescendo della musica si rincorrono cuochi e camerieri. Tutta questa agitazione, che sembra anticipare grandi avvenimenti, porta in scena, in realtà, solo due modellini, che vengono collocati ai lati estremi del palcoscenico, quasi nascosti dagli ospiti del conte Asdrubale, che vestono elegantissimi abiti estivi stile primi anni '60. Stupendo il tubino rosso fuoco della Baronessa Aspasia, e delizioso l'abito giallo con gonna a palloncino della più giovanile Donna Fulvia.

Quando scendono i maxischermi il gioco diviene chiaro. Dove guardare? Il film mostra una bella villa dotata di ogni confort alla moda di metà '900, all'interno della quale si muovono con naturalezza i personaggi della vicenda; il palcoscenico vuoto è invece il set televisivo nel quale, grazie a sofisticate tecnologie, trucchi di elementare semplicità diventano magia. Nascono sorrisi quasi complici quando si scopre che il perfetto volteggio della frittata di uno strampalato cameriere, il volo di un aereo in lontananza, la pallina di una partita di tennis sono guidati da figuranti in calzamaglia blu che nello schermo diventano, misteriosamente, invisibili. Ispirata dalla musica surreale, sillabata, allitterata di questo giovane e scatenato Rossini ogni scena della sofisticata commedia è arricchita da una trovata, da un gioco, da un intelligente nonsense.

Il Conte Asdrubale, che brucia d’amore ma raffredda, per scetticismo, la sua passione, canterà la prima parte della sua aria al centro di un fornello acceso, per poi essere proiettato di colpo dentro un frigorifero. Basta un cambio di inquadratura o un diverso effetto video per cambiare scena. Le telecamere indagano volti consapevoli di essere inquadrati e che ammiccano all’audience come gli attori di un odierno reality show, ma questo modo di recitare e quest'ambientazione riportano, nello stesso tempo, alla mente i primi, perbenisti ed un po' impacciati spettacoli dell'inizio dell'era della televisione.

Il meccanismo funziona a meraviglia grazie ad un affiatato gruppo di artisti che ne condivide lo spirito. Qui non basta muoversi con disinvoltura in scena, occorrono ironia, espressività, mimica. Occorrono sguardi accattivanti e bocche sorridenti, occorre, soprattutto, cantare come per gioco una musica difficile e piena di virtuosismi. Tutti perfettamente caratterizzati i personaggi, a cominciare dall'affascinante e perfettamente centrato Asdrubale di Michele Pertusi, la cui morbida linea di canto si fonde deliziosamente con il bel colore e la duttilità della bravissima Sonia Prina. Divertenti e ben diversificate nei rispettivi ruoli la Baronessa Aspasia di Daniela Pini, sofisticata ed elegantissima, e la più "terrestre" Donna Fulvia di Paola Cigna. Note positive anche per la squadra maschile, composta dal versatile Joan Martin-Royo, nei panni del "gossiparo" Macrobio, dallo straripante Cristian Senn, poeta da strapazzo da tutti rifuggito, dall'onesto ed amicale Cavalier Giocondo di Josè Manuel Zapata, la cui prestazione ha risentito, a tratti, della non perfetta condizione fisica annunciata in occasione della prova generale e dal corretto Fabrizio di Filippo Polinelli.

Tempi sostenuti ed efficace tenuta orchestrale per Jean-Christophe Spinosi, al quale forse sono mancati un po' di leggerezza e di controllo del volume, che infatti, in certi momenti, ha coperto le voci.

Il pubblico del Regio, interessato e divertito, ha decretato alla serata inaugurale di questa nuova stagione, un convinto e calorosissimo successo.

Patrizia Monteverdi

 

Il giornale della musica
15 dicembre 2006

Un Rossini da "Hollywood Party"

Un inizio di stagione davvero inusuale quello del Teatro Regio di Parma, con un titolo rossiniano mai rappresentato in questo teatro e soprattutto con una regia non tradizionale. Barberio Corsetti e Sorin hanno realizzato questa messa in scena basandosi su una sorta di evoluzione della tecnica del "croma key", applicata alle riprese dal vivo: in tempo reale i personaggi venivano ripresi e proiettati - grazie a maxischermi sospesi - su sfondi a loro volta filmati da modellini delle diverse ambientazioni. Un gioco tecnologico che si è tradotto in una rappresentazione brillante, la cui leggerezza ha saputo evitare l'impressione di invadenza che il medium audiovisivo a volte impone al teatro musicale. A questa trasposizione mediatica si è affiancata la collocazione della vicenda attorno agli anni Sessanta del Novecento, a metà tra il cartoon e le atmosfere di "Hollywood Party". E proprio dal film di Edwards pare preso il cameriere che qui innesca un crescendo di gag esilaranti, a tratti fin troppo coinvolgenti, sfiorando il rischio di distrarre gli spettatori dal dato musicale. Sul palcoscenico i cantanti hanno retto la prova della telecamera, a partire dal conte Asdrubale di Michele Pertusi, molto ben tratteggiato, e dalla marchesa Clarice di Sonia Prina, fino ad arrivare, tra gli altri, al Macrobio "attore-nato" di Joan Martin-Royo. La musica di Rossini, si sa, è bellissima, e il libretto di Romanelli attualissimo (vedi le battute sugli artisti, sui giornalisti e sugli opportunisti). La direzione di Spinosi si è mossa su tempi adeguati ma senza troppe sfumature orchestrali, tendendo a coprire di tanto in tanto le voci nei pezzi di assieme. Inusuale anche il successo che il pubblico del Regio, ritenuto troppo tradizionalista, ha regalato a questo allestimento.

Alessandro Rigolli