giornale della musica
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Intervista alla compositrice, allieva di Ligeti:
la sua Alice al Festival di Monaco
Unsuk Chin nel paese delle meraviglie
"Volevo che il mondo dei sogni diventasse realtà nella mia opera"

Unsuk Chin affronta per la prima volta il teatro d’opera. E lo fa con un soggetto a lei assolutamente congeniale, per il contenuto fantastico, la dimensione fiabesca, e anche per i giochi di parole e i riferimenti al mondo delle scienze e della matematica che punteggiano la storia di Alice nel paese delle meraviglie. L’opera, che aprirà il festival operistico di Monaco il 30 giugno, non è il primo incontro di Unsuk Chin con Lewis Carroll: Akrostichon-Wortspiel, uno dei suoi pezzi più famosi ed eseguiti, composto nel 1993 (inciso anche in un cd Deutsche Grammophon 477 5118), si basava sulla Storia infinita di Michael Ende e sul racconto Attraverso lo specchio, seguito di Alice’s Adventures in Wonderland, trasformando questi testi in una specie di fiaba atomizzata, fatta di fonemi o frasi incomprensibili. Ma i racconti di Lewis Carroll, che intrecciano proverbi, poemetti, allusioni a personaggi dell’epoca vittoriana, che giocano con le regole logiche e linguistiche, fisiche e matematiche, non sono stati una lettura infantile per la compositrice coreana (nata a Seul nel 1961, allieva di Ligeti, trasferitasi nel 1985 in Germania dove ancora oggi vive e lavora): "Ho scoperto i libri di Carroll in Corea, già grande, prima di trasferirmi in Europa. L’interesse è nato dalla lettura di alcuni testi di carattere scientifico che facevano riferimento a Carroll. In particolare il libro di Douglas Hofstadter, Gödel, Escher e Bach, è una fuga di idee e macchine nello spirito di Lewis Carroll, nella quale Alice gioca un ruolo così preminente che sono diventata curiosa. Alice sembra una favola molto semplice, ma trovo sia stupefacente che tutti, senza distinzione di età, educazione, professione o nazionalità, siano così affascinati da questa storia. Dipende, credo, dal fatto che il libro ha così tanti livelli di lettura che può affascinare sia gli esperti che i profani, sia i bambini che gli adulti (e questo è per me anche un ideale artistico). Ma ho cercato di evitare una rigida interpretazione del libro, ad esempio in senso psicanalitico. Ho lasciato la storia e i suoi dialoghi parlare da sè. Piuttosto sono interessata al modo spontaneo e inconscio attraverso il quale Lewis Carroll esprime profondi problemi filosofici. Alice non parla solo di sogni, ma anche di un conflitto tra i diversi modi con cui noi facciamo esperienza della realtà e la comunichiamo".

Insieme a David Henry Hwang ("Sono stata molto felice di lavorare con lui: è un drammaturgo e librettista fantastico, abilissimo nello scrivere testi dall’appeal immediato ma che sono anche profondi") Unsuk Chin ha ridotto il testo a libretto seguendo piuttosto fedelmente l’ordine dei capitoli, ma cambiando le scene di apertura e di chiusura: "Quando ho letto Alice per la prima volta, sono stata meravigliata perché vi ho rivisto molti dei miei sogni. Tuttavia non ero soddisfatta dell’inizio e della fine, molto più convenzionali di tutto il resto del racconto, con i loro riferimenti alla vita quotidiana. Mi chiedo se non sia stata una concessione di Carroll al gusto del pubblico, per evitare che il libro fosse davvero troppo audace per i suoi tempi. Io però volevo che il mondo dei sogni diventasse realtà nella mia opera. Così ho deciso di sostituire l’inizio e la fine con altre due scene oniriche, raccontando un mio sogno personale".

Così l’opera si apre in una antica biblioteca piena di libri, con una anziana signora che accompagna Alice e due uomini, anziani e gemelli, che giocano a scacchi. Mentre Alice prende un libro, le pareti della biblioteca si trasformano in un enorme cancello che conduce in una stanza piena di tesori. La scena finale si svolge in un giardino immerso nell’oscurità, con un vecchio che ordina ad Alice di scavare la terra e poi scompare nel buio lasciandole una manciata di semi: Alice li getta per terra e subito li vede crescere e trasformarsi in fiori luminosi. La musica è fatta di continue metamorfosi sonore, di alchimie timbriche che sono il marchio inconfondibile della compositrice, e di una serie di elementi musicali già presenti in snagS & Snarls, pezzo per soprano e orchestra commissionato nel 2003 dall’Opera di Los Angeles, una sorta di studio preparatorio per Alice. Una musica agile, iridescente, dagli svolgimenti spesso imprevedibili, dal suono illusorio e scintillante (Paul Griffiths la paragona ai colori delle ali di una farfalla), ma anche piena di ironia (derivata da Ligeti), trasparente nella texture, e meno complessa del solito: "Dovendo fare un’opera, ho scritto la musica in un modo differente rispetto ad un pezzo destinato ad un ensemble. Penso che questa opera sia molto più diretta e immediata che tutte le altre mie composizioni. Ma questo non significa più semplice".

L’universo sonoro dell’opera corrisponde all’umore bizzarro della storia: "Gioco con i significati musicali attraverso riferimenti a diversi stili musicali e attraverso le sottolineature parodistiche dei differenti personaggi. Leggendo il testo ho avuto già delle vivide immagini sonore nella mia mente - ad esempio come tratteggiare musicalmente i diversi personaggi - e mi è stato chiaro quali personaggi dovessero cantare, quali dovessero essere rappresentati solo da uno strumento".

Nelle otto scene collegate da brevissimi intermezzi emerge un caleidoscopio di voci e di colori strumentali, che sfrutta un organico orchestrale assai vario (comprende tra l’altro fisarmonica, mandolino, clavicembalo, un campionatore, un clarinetto basso sulla scena, quattro percussionisti che suonano strumenti come campanacci, blocchi di carta vetrata, fischietti, richiami di uccelli, bicchieri di cristallo, armoniche a bocca, sistri, un flauto a coulisse, una sveglia, un bottigliofono) e diversi tipi di emissione vocale sia nelle parti dei solisti che nel coro: "Nell’opera ci sono molti animali e creature fantastiche, e per questo il coro deve anche sussurrare, applaudire, gridare, fare ogni rumore possibile. E i rumori del coro sono accompagnati da una varietà di strumenti a percussione, compresi gli arnesi da cucina. Complessivamente ha cercato una tinta musicale che corrispondesse a un humour nero".

Alice in Wonderland sarà diretta da Kent Nagano, con la regia di Achim Freyer. Sally Matthews, nei panni di Alice, sarà affiancata da Piia Komsi in quelli del gatto, Dietrich Henschel come cappellaio matto, Andrew Watts nel doppio ruolo della lepre e del coniglio, Gwyneth Jones in quello della regina. Due repliche il 4 e il 7 luglio.

Gianluigi Mattietti

 

Boosey & Hawkes
March 2007

Unsuk Chin discusses her first opera Alice in Wonderland
opening at the Munich Opera Festival on 30 June

How did you discover Lewis Carroll’s Alice books?

I discovered Carroll’s books in South Korea, as an adult rather than as a child, before I moved to Europe. My interest was piqued when I read so much about them, especially in books about science. Most notably it was through Douglas Hofstadter’s volume, Gödel, Escher, Bach: an Eternal Golden Braid: A metaphorical fugue on minds and machines in the spirit of Lewis Carroll, in which Alice played such a prominent role, that I became curious.

What makes Alice in Wonderland a universal story, with ongoing relevance?

It is amazing that people – regardless of age, education, profession or nationality – are so fascinated by it. I guess it’s because the book has so many layers - it can captivate experts and laymen, children and adults as well. That is also an artistic ideal for me.

Your opera emphasises the dreamworld of Wonderland. Why is this?

Already, when I read Alice for the first time, I was fascinated and wholly amazed because I recognized much of what I had seen in my own dreams. However, I was never fully satisfied with the beginning and the end – they were so much more conventional than the rest of Alice, which is totally surreal. I wondered if Carroll had perhaps made this concession to public taste, as otherwise the book would have been too daring for its time? I wanted the dreamworld to be the reality in my opera. So, I decided to replace the beginning and the end - with their references to everyday life - with two dream scenes.

How did you work with David Henry Hwang on reducing the text of the book?

We have used the sequence of the book quite faithfully – apart from the opening and closing scenes – though it became necessary to create a couple of additional texts. Of course it was quite a challenge to fit Alice into an operatic evening, so I’ve been very happy to work with David Henry Hwang, who is a fantastic playwright and librettist. He has the amazing ability to write texts which have instant appeal but are also profound.

Has creating your first opera raised practical performance issues, so that the vocal and orchestral writing is simpler?

Every genre has its own aura, so to speak. When writing an opera I have to write in a very different way than if writing a more abstract piece for a specialized contemporary ensemble. I think in this opera the music is much more direct and immediate than in my other pieces. However, I wouldn’t call it necessarily simpler. A foretaste to its style is given in snags&Snarls for soprano and orchestra, which is a kind of sketch for the opera.

How does your soundworld characterise the whimsical humour of the story?

I play with musical meanings through references to different styles and the parodistic musical underlining of the different characters. Deciding on voice parts is an instinctive process which is difficult to analyze. Reading the text I already had vivid aural images - ie how to depict the characters - in my mind, and it became clear that one character should be a non-singing role, being represented only through an instrument. Overall, the musical mode I am searching for is black humour.

What is the musical equivalent to ‘nonsense’ in the text, and does it have to be carefully controlled through notation?

For me, using free aleatoric approaches to describe the nonsense is not an option, as it could become too exaggerated. On the other hand, I also try to avoid providing rigid interpretations of the book – whether psychoanalytical or otherwise. Let the story and its dialogues speak for themselves. Susan Sontag rightly deplored how "the effusion of interpretations of art today poisons our sensibilities. To interpret is to impoverish, to deplete… in order to set up a shadow world of meanings." Rather, I am interested in the effortless and unconscious way in which Lewis Carroll expresses deep philosophical questions. Alice is not solely a matter of dreams – it is also about a clash between the different ways in which we communicate and experience reality.