CHRONICA
8. Aprile 2008

Il Teatro dell’Opera di Roma rende omaggio a Puccini: La fanciulla del West torna sul palco dopo vent’anni

di Anna Consarino

ROMA - La fanciulla del West torna al Teatro dell’Opera dopo venti anni dall’ultima rappresentazione romana, segnando il secondo appuntamento con la musica di Giacomo Puccini nella stagione che celebra il centocinquantesimo anno dalla sua nascita. Da martedì 8 aprile a martedì 15 aprile, la vicenda prenderà nuovamente vita grazie ad un cast d’eccezione supportato dall’Orchestra e dal Coro del Teatro, guidati dalla bacchetta di Gianluigi Gelmetti.

La Fanciulla del West rientra tra le poche composizioni operistiche per le quali il compositore toscano scelse un lieto fine, le stesse che segnarono una frattura con la tradizione tragica che rese Puccini famoso al grande pubblico. Ma proprio in lavori come questo emerge il temperamento di un artista sempre guidato dalla volontà di sperimentare e di contaminare anche influenze culturali diverse tra di loro.

Innovazione e cambiamento furono il paradigma pucciniano di un nuovo modo di pensare il melodramma italiano, libero dalle rigide demarcazioni che da tempo l’opprimevano. L’Italia del melodramma, alla fine dell’800 appariva come schiava intontita in balia dei noiosi e abitudinari parametri artistici e, in quanto tale, faticava a rapportasi con le innovazioni musicali che l’inizio del nuovo secolo imponeva. Giacomo Puccini nel pieno della sua maturità professionale, sentì il peso di un’incomprensione che divenne per lui insostenibile e vide nell’abbandono della sua patria, volto alla ricerca di nuovi stimoli creativi, l’unica soluzione.

Agli inizi del 1907, Puccini si trovava a New York e proprio in questa occasione, ebbe modo di assistere ad un dramma di David Belasco dal titolo The Girl of the Golden West, rimanendone profondamente colpito. La storia lo affascinò a tal punto da rintracciare in essa quella fonte letteraria, che sarebbe stata alla base di un nuovo libretto da lui presto musicato. Una volta ottenuto il consenso da parte dello stesso Belasco, Puccini incaricò il poeta Carlo Zangarini di occuparsi della stesura librettistica a cui collaborò in un secondo momento lo scrittore toscano Guelfo Civinini.

Nel corso della composizione, Puccini si mosse seguendo le suggestioni esotiche di un mondo fatto di saloon, sceriffi, banditi e cercatori d’oro, radicalmente diverso da quello italiano che lo aveva visto formarsi sotto il profilo intellettuale e artistico. Nel tratteggiarlo si avvalse dell’espediente di un realismo quasi crudo che trasformò completamente il suo linguaggio musicale mai, prima d’allora, così vicino ad un espressionismo d’impronta quasi wagneriana.

Il 10 dicembre del 1910 La fanciulla del West debuttò al Metropolitan Theatre di New York, diretta da Arturo Toscanini, con il quale il compositore stesso condivise nuove scelte stilistiche che incisero, modificandola, sulla partitura originale. I successi d’oltreoceano raccolti all’epoca, furono innumerevoli e dovuti soprattutto alla modernità dell’opera che al suo interno univa citazioni al teatro romantico ed intuizioni che sfioravano un gusto quasi cinematografico, figlio di un’ epoca in cui le prime proiezioni cominciavano ad assumere una precisa identità culturale.

Oggi la regia, le scene e i costumi di Giancarlo Del Monaco cercheranno di riportare sul palco il sapore di un’America avventuriera e selvaggia ormai lontana. Nel ruolo della protagonista Minnie, si cimenterà la raffinata Daniela Dessì e si alterneranno nella parte Janice Baird e Virginia Todisco. Le vesti dello sceriffo Jack Rance saranno indossate da Silvano Carroli e Mauro Buda, due modi diversi di esprimere un ricco bagaglio di esperienza vocale e scenica. Nella parte del bandito Dick Johnson abbiamo tre voci dalla grande qualità artistica quali, Fabio Armiliato, Nicola Martinucci e Renzo Zulian. Massimiliano Galiardo ed Enzo Terranova faranno invece rivivere il personaggio di Sonora. Una compagnia che lascia ben sperare e che sicuramente reinterpreterà al meglio lo spirito di Giacomo Puccini che non esitò a dare libero sfogo alla suo estro creativo senza temere i giudizi di una critica europea troppo bacchettona e arretrata.

La musica culla e nutre sin da fanciulli uomini che custodiscono gelosamente qualcosa di speciale e unico. La genialità supera i confini di ovvie melodie strutturate a tavolino e si muove con l’impeto di un desiderio volto a compiere qualcosa di rivoluzionario. La Fanciulla del West esprime tutto questo e rappresenta senza ombra di dubbio il modo migliore per ricordare uno tra i più coraggiosi compositori del secolo passato.

 

Il Giornale
14 aprile 2008

Il melodramma sbarca al cinema

di Pietro Acquafredda

Daniela Dessì e Fabio Armiliato, protagonisti dell’opera nei rispettivi ruoli di Minnie e Ramerrez, la Fanciulla del West puccciniana l’hanno già cantata due anni fa a Torre del Lago; Gelmetti l’ha diretta tante volte e Giancarlo Del Monaco, responsabile di regia scene e costumi della ripresa romana, confessa che praticamente è cresciuto a pane e Fanciulla, essendo stata uno dei cavalli di battaglia del grande Mario Del Monaco, suo padre, e avendola vista la prima volta, ancora piccolo, a Firenze, anni Cinquanta, in una memorabile esecuzione diretta da Mitropoulos.

Gli interpreti mettono le mani avanti, sapendo che l’opera "americana" di Puccini vanta una grande tradizione vocale e direttoriale, al cui confronto non possono sfuggire. La fanciulla del West fu destinata da Puccini al più famoso teatro d’oltreoceano, il Metropolitan di New York, dove debuttò, il 10 dicembre 1910, con la direzione di Arturo Toscanini e, nel ruolo del bandito Ramerrez, il grande Enrico Caruso. E l’opera, anche per merito di quegli interpreti, rappresentò per Puccini il più grande successo della sua carriera: 32 chiamate al proscenio; l’impresario che davanti alla folla osannante gli pone sul capo una corona d’argento e gli consegna una spilla di diamanti e rubini, inviatagli dall'Inghilterra, dalla regina Alessandra, cui l’opera era dedicata. La storia della "girl" americana, tutto cuore e carattere, e il successo che ne seguì, servirono a Puccini per lasciarsi alle spalle un brutto periodo della vita familiare. Gelmetti ha rivelato che la sua Fanciulla è la "summa" di tutte quelle andate in scena finché Puccini era vivo. Terrà conto, cioè, di tutte le varianti alla musica e al testo apportate dal musicista per sua volontà a seguito di qualificati suggerimenti (Toscanini). Giancarlo del Monaco, come anche Gelmetti, hanno messo in rilievo, poi, il taglio "cinematografico" della drammaturgia musicale dell’opera.

Puccini, con la sua opera, avrebbe anticipato, secondo Del Monaco, tutto il filone western inaugurato negli anni Trenta. E perciò, per una volta, egli farà regia "cinematografica" più che operistica. Nel ruolo di Rance, lo sceriffo, canterà un veterano, Silvano Carroli.