Corriere della Sera
1 aprile 2008

Reggio Emilia. Domenica appuntamento con la "prima", e poi in maggio a Berlino dirigerà il Te Deum di Berlioz
"Il Fidelio che sognavo da vent' anni"
Abbado lancia nella lirica il regista tedesco Kraus. "Ma a Milano dico ancora no". Il direttore si cimenta con il Singspiel di Beethoven: "Nel tempo l'opera è maturata dentro di me"


Claudio Abbado (foto) realizza un nuovo sogno, suo e del pubblico, il "Fidelio " di Beethoven. L'opera, diretta per la prima volta dal grande maestro per la regia di un celebre cineasta, il tedesco Chris Kraus ("Quattro minuti") al debutto nel melodramma, andrà in scena in prima assoluta domenica 6 aprile alle 20 al teatro Valli di Reggio Emilia dove sarà replicata martedì 8. Si tratta di una coproduzione del Valli col Teatro Real di Madrid, la Festspielhaus di Baden Baden e i teatri comunali di Modena e Ferrara.

REGGIO EMILIA. "Due anni fa ho visto al cinema Quattro minuti di Chris Kraus e non ho avuto dubbi che il 44enne di Göttingen sarebbe stato il regista ideale per mettere in scena il Fidelio di Beethoven". Quel film raccontava il rapporto conflittuale tra una talentuosa pianista in carcere per omicidio e la sua insegnante. Una storia truce, di violenza e disperazione della Germania d'oggi, molto lontana dal Singspiel di Beethoven, ma Claudio Abbado è soddisfattissimo dell' intuizione avuta.

Mesi fa, per la produzione che debutta domenica a Reggio Emilia (poi a Madrid, Baden Baden, Ferrara e Modena, e nel 2010 a Lucerna ed Aix) era circolato anche il nome di Robert Carsen, uno di lunga esperienza, ma Abbado è contento del lavoro di questo debuttante nella regia lirica: "Perché c'è piena sintonia e perché ammiro come Kraus lavora con i cantanti sulla recitazione".

Quel che si vede della scenografia dice di un Fidelio cupo, i coristi imprigionati dentro lugubri scranni neri, una ghigliottina che incombe, "ma non sono caduto - assicura Kraus - nella tentazione di attualizzare la storia raccontando le ingiustizie che subiscono i tibetani. C' è pieno rispetto per Beethoven". Pieno rispetto anche sul fronte musicale: "A parte qualche sforbiciata nel parlato - illustra Abbado - seguo la versione definitiva del 1814, compreso naturalmente il fatto di eseguire l' ouverture Fidelio e di non fare la Leonore n.3 prima del finale". Questa è la variante mahleriana e sembra stupirsi, Abbado, quando gli si dice che molti direttori continuano a sposare quella causa, che lui però non ritiene necessaria perché "è bella musica ma è già nell' opera".

L' organico dell' orchestra, la Mahler Chamber Orchestra, è simile a quello delle Sinfonie, mentre l' Arnold Schönberg Chor è rinforzato da membri del Coro de la Comunidad de Madrid. "Fidelio - aggiunge Abbado - è un' opera che ho in mente di fare da 20 anni e sono contento che arrivi dopo averla potuta maturare dentro di me". Interrogato su come si integrino le parti comiche nel corpo drammatico del lavoro, precisa che "non si tratta di vera e propria comicità; sono parti spiritose che alimentano per contrasto il versante tragico del dramma".

Un'opera, Fidelio, che si presta a considerazioni sulla politica. "Ma preferisco parlare di quel che va anziché di quello che no, come il fatto che, sostenuto dal governo spagnolo, Carlo Rubbia ha potuto realizzare un impianto di energia solare nel Nevada".

Nel futuro c'è il Te Deum di Berlioz a maggio a Berlino preceduto dal Quarto di Beethoven con Pollini e a ottobre con orchestre giovanili italiane (Mozart+Cherubini+Fiesole) al Paladozza di Bologna, preceduto da Pierino e il lupo con Benigni. Poi la Mozart, Lucerna con programmi francesi e russi. Ma niente Scala: "Lissner sta lavorando benissimo ma ribadisco che Milano è una città inquinata in senso sia atmosferico sia culturale. Né bastano alcune mostre a farmi cambiare idea. Occorrono progetti seri, come permettere la circolazione solo alle auto ibride, come si sta sperimentando in Emilia".

Enrico Girardi

 

Il giornale della musica
0408

DIRETTORI Claudio Abbado dirige per la prima volta l’opera di Beethoven
La sfida di Fidelio
Al Valli di Reggio Emilia con la prima regia lirica di Chris Kraus, il regista del film Quattro minuti


Bozzetto di Maurizio Balò per
Fidelio

Un’altra avventura, voluta e desiderata a lungo, per Claudio Abbado. Lo sguardo è rivolto ancora una volta a Beethoven ma, dopo il memorabile ciclo sinfonico, in questa occasione si tratta di un Fidelio che prende forma grazie a una coproduzione internazionale, che coinvolge la Fondazione i Teatri di Reggio Emilia, Teatro Real di Madrid, Festspielhaus Baden Baden, Teatro Comunale di Ferrara e Teatro Comunale di Modena.

Un nuovo allestimento per il quale sono coinvolte compagini quali la Mahler Chamber Orchestra, l’Arnold Schoenberg Chor e il Coro de la Comunidad de Madrid, con protagonisti, tra gli altri, Endrik Wottrich (Florestan) e Anja Kampe (Leonore). A curare la regia di questo spettacolo, che debutta i prossimi 6 e 8 aprile al Teatro Valli di Reggio Emilia, Abbado ha chiamato un "debuttante" come Chris Kraus, classe 1963, esponente del giovane cinema tedesco, al quale rivolgiamo alcune domande mentre sta lavorando a questo allestimento.

Quale ruolo ha avuto la musica nelle sue precedenti esperienze cinematografiche (penso, per esempio, al recente film Quattro minuti)?

"In tutti i miei film la musica ha un ruolo fondamentale. Ho studiato musica fin da piccolo, avevo 5 anni: flauto, pianoforte, anche se non sono un professionista. E la musica mi ha sempre influenzato. È stato in Quattro minuti che ho deciso di dare alla musica un ruolo da personaggio principale, ero stanco di vedere film in qualche modo rovinati dalla musica sbagliata. La musica ha il ruolo di tramite tra testa e cuore, entra direttamente nella teste e nei cuori...".

Tra il linguaggio cinematografico e quello operistico, quali differenze ritiene più significative?

"Le differenze sono, ovviamente, tantissime. Se cinema e opera hanno due linguaggi diversi, possiamo dire che le parole sono le stesse, ma la grammatica cambia. Nel cinema bisogna cercare di ricavare il meglio nel brevissimo, concentrando piuttosto che dilatando; nell’opera funziona il contrario e bisogna raggiungere il massimo nel medio e lungo termine, dilatando piuttosto che abbreviando. È una questione di velocità diverse... In fin dei conti, però, tutto ha a che fare con le emozioni, l’obiettivo – nell’uno e nell’altro linguaggio – è quello di comunicare emozioni...".

Quali sono i caratteri principali della Sua regia per questo Fidelio?

"Non amo parlare – a questo punto del lavoro che è appena iniziato – della regia, preferisco mostrarla in scena. Posso dire che, siccome sono un narratore, mi sento di dovere raccontare delle storie e nel Fidelio ne ho individuate tre: la prima è una storia d’amore, la seconda è una vicenda di violenze, di sentimenti che provano gli esseri umani soggiogati e oppressi; infine, la terza storia è una vicenda di potere e, alla fine dei conti, di politica".

Come è stato lavorare su Beethoven con Abbado?

"Ero stato contattato da Claudio Abbado, al quale avevo spiegato tutte le mie perplessità, dovute al fatto che non avevo mai fatto la regia di un’opera. Ma mi aveva detto che proprio era quel che cercava. Una persona che venisse da esperienze totalmente diverse. L’ho incontrato. Non l’avevo mai visto prima. Mi si è fatto avanti, sorridente e amichevole. Abbiamo cominciato a lavorare subito, ma non sembrava di lavorare, sembrava piuttosto un gioco. Non abbiamo parlato subito del Fidelio nello specifico, ma del "mondo del Fidelio", necessario per lavorare insieme in una tale avventura. Gli dissi cosa pensavo, soprattutto per il finale, fu d’accordo. Se devi raccontare una storia di prigioni, devi mostrarla, la prigione. Diedi un suggerimento. Non disse di no. È stato l’inizio dell’avventura. Sono così felice che Claudio Abbado abbia avuto così tanto coraggio! È un uomo che ama il rischio, che ama le sfide. Vedremo assieme quale sarà il risultato, adesso non lo possiamo sapere".

Ha altri progetti musicali?

"Questa per me è una grande avventura, la prima di questo genere. Vedremo solo alla fine quello che sarà, tutto dipende dal risultato. Per ora sono così felice di questa sfida e sono ottimista di natura... ma di altri progetti, in questa fase, non se ne parla nemmeno..."

Alessandro Rigolli