CORRIERE DELLA SERA
4 agosto 2008

Opera Festival Il 10 agosto l' allestimento in costumi moderni con una scenografia "astratta"
Abbado & Abbado, insieme per Rossini
Roberto sul podio e Daniele regista, cugini (e amici) uniti da Ermione: "Giocavamo a mosca cieca e a ping-pong. A Pesaro racconteremo lo scontro tra Occidente e Oriente"

Milano. Che prima o poi sarebbe successo lo sapevano entrambi. Quando si è cugini, si fa parte della stessa grande famiglia musicale, uno è direttore d' orchestra e l'altro regista, l'incontro si annuncia inevitabile. E allora capita che Roberto Abbado, 53 anni, maestro di fama internazionale, e Daniele Abbado, 50 anni, direttore dei Teatri di Reggio Emilia e richiesto sulle principali ribalte liriche, finalmente incrocino i loro destini artistici. Accadrà a Pesaro, il 10 agosto, in occasione dell'Ermione, primo titolo in cartellone alla XXIX edizione del Rossini Opera Festival. Un' occasione tanto attesa, predestinata da quell' intesa affettiva e culturale che scatta solo quando capita di crescere insieme a pane e musica.

Nel clan Abbado non mancavano certo nè l'uno nè l'altra. "Da piccoli ci si ritrovava la domenica a casa di nonno Michelangelo, violinista, e nonna Maria Carmela, maestra di piano, che da brava siciliana preparava piatti straordinari", ricorda Roberto con golosa nostalgia. "Un grande desco attorno al cui sedevano tutti gli Abbado, i nonni, i nostri padri e noi ragazzi".

Padri illustri, s'intende. Perché Roberto è figlio di Marcello, compositore e direttore del Conservatorio di Milano, mentre Daniele è figlio di Claudio, uno dei massimi direttori d' orchestra viventi. "Al pomeriggio poi ci si trasferiva a casa mia o dallo zio Claudio - prosegue Roberto -. Lui aveva un grande terrazzo dove si giocava a mosca cieca. Anche Claudio. Una pausa prima di tuffarsi a studiare le sue partiture. Ai tempi Daniele era un bambino grassottello e molto simpatico. Gli invidiavo due cose: il tavolo da ping pong che troneggiava nel soggiorno e il trenino elettrico che entrava e usciva dalla sua camera da letto".

"Poi ci siamo un po' persi di vista perché il padre di Roberto, nominato direttore del Conservatorio di Pesaro, si trasferì lì per alcuni anni con la famiglia - interviene Daniele -. Ci siamo ritrovati già "grandi", subito riallacciando le antiche consuetudini. Nel frattempo io avevo preso la strada del teatro, ma appena potevo andavo a sentirlo. Ricordo un viaggio in treno fino a Macerata per ascoltare il Simon Boccanegra diretto da Roberto".

Corti circuiti di affetti e di passioni che, nonostante il peso di tali eredità non sia sempre facile da sopportare, oggi rendono naturale e immediata quest' impresa comune. "Ci si intende al volo, senza quasi bisogno di parole - assicura Daniele -. Non è difficile, Roberto ha un invidiabile equilibrio di precisione e fantasia. Dire sì alla proposta del sovrintendente Mariotti e del direttore artistico Zedda è stato inevitabile. Anche perché questa è un' opera di raro fascino, scandita dai ritmi di un fato a cui nessuno può sfuggire, dove tutti sono eroi o figli di eroi con le colpe dei padri sulle spalle. E nel contrasto tra Ermione e Andromaca, si ritrova l' eterno confronto-scontro tra un Occidente convinto della sua supremazia e il resto del mondo. Tema quanto mai attuale, che mi ha spinto a una lettura fuori dal tempo, ribadita dall' impianto scenico di Graziano Gregori, un' astratta scatola bianca con una zona inferiore nera, e dai costumi di tocco novecentesco di Carla Teti".

Entusiasta di Ermione anche Roberto: "Un capolavoro dalle forme audacemente innovative, musicalmente molto moderna. Una tragedia di amori non ricambiati che scatenano sentimenti opposti", la definisce il maestro, che si dice "emozionatissimo per questo debutto anche perché legato a Pesaro da profondissimo affetto".

A dargli manforte l' Orchestra del Comunale di Bologna, il Coro da Camera di Praga e un cast di artisti rossiniani capitanati dalla bravissima Sonia Ganassi, l' Ermione del titolo.

Giuseppina Manin

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La famiglia

Roberto e Daniele Abbado fanno parte della terza generazione di una grande famiglia con iscritta nel suo dna la passione per la musica e la cultura. A partire dal capostipite, Michelangelo, violinista e per 50 anni direttore del Conservatorio di Milano. Tra i suoi quattro figli, Marcello e Claudio. Il primo pianista, compositore, direttore del Conservatorio di Pesaro e di Milano, il secondo direttore d' orchestra tra i primi al mondo. E infine i figli dei figli, Roberto, nato da Marcello, e Daniele, figlio di Claudio, cugini primi, ora per la prima volta impegnati insieme in uno spettacolo

 

Il Resto del Carlino
11 agosto 2008

I GIORNI DEL ROF
Ermione inaugura la triade operistica tra gli applausi

Picchi di entusiasmo per l'interpretazione di Antonino Siragusa, che ha disegnato un Oreste vocalmente perfetto e scenicamente convincente, e una strepitosa Sonia Ganassi, che ha sfoderato tutto il suo carisma belcantistico per restituire, nella complessità della sua dimensione tragica, una Ermione istintiva e appassionata

Pesaro. Promozione a pieno titolo per 'Ermione', che ha inaugurato la triade operistica del Rossini Opera Festival. Nonostante qualche isolato dissenso all'indirizzo del regista Daniele Abbado, il pubblico ha accolto con applausi convinti e prolungati il cast, con picchi di entusiasmo per l'interpretazione di Antonino Siragusa, che ha disegnato un Oreste vocalmente perfetto e scenicamente convincente, e una strepitosa Sonia Ganassi, che ha sfoderato tutto il suo carisma belcantistico per restituire, nella complessità della sua dimensione tragica, una Ermione istintiva e appassionata.

Molto apprezzata la direzione di Roberto Abbado, che ha guidato con energica stringatezza l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, pienamente efficiente, ed un Coro da Camera di Praga sempre puntuale nei suoi interventi. Giusta la scelta del direttore, che ha lasciato poco spazio agli applausi del pubblico a scena aperta, di compattare l'opera senza prevedere interruzioni tra un numero musicale e l'altro. In quest'opera del resto le forme chiuse sono superate da Rossini a favore di grandi recitativi e scene molto ampie che sfociano in duetti e concertati così da creare un?architettura complessa e unitaria.

La regia di Daniele Abbado è stata essenziale ma di classe, nel rispetto della sostanziale 'classicita' dell'opera imperniata sulla figura di Ermione, rivale di Andromaca, vedova di Ettore e madre del piccolo Astianatte, che Pirro vuole fare sua sposa, dimentico della promessa che lo lega ad Ermione. La vendetta non tarda ad arrivare per mano di Oreste che, innamorato di Ermione, uccide Pirro attirandosi la maledizione della principessa greca

Per l'Ermione' del Rof, insieme allo scenografo Graziano Gregori, Abbado ha creato una sorta di scatola magica nella quale si aprono squarci che di volta in volta accolgono le prigioni o l'interno del palazzo, uno spazio che viene illuminato da preziosi giochi di luce, opera di Guido Levi, che creano un rapporto suggestivo con la drammaturgia. La gestualità è rimasta nell'ambito di una doverosa solennità, che ha favorito un'attenzione particolare alla recitazione, così come i costumi (Carla Teti), pensati in modo da suggerire un'ambientazione piuttosto 'neutrà.

Musicalmente l'opera si è rivelata avvincente, di grande fascino e spessore tragico, un'opera che non presenta momenti in cui la tensione drammatica viene meno, ma al contrario, la vicenda e lo sviluppo musicale conoscono un crescendo ininterrotto. In questo climax tragico si inserisce a pieno titolo la Cavatina di Oreste, 'Reggia abborrità, nella quale Siragusa ha delineato con sicurezza il suo personaggio dimostrandosi a proprio agio in tutta l'estensione del suo registro vocale.

Ugualmente convincente sul piano scenico ma con qualche rarefazione nella zone grave è stato Gregory Kunde nel ruolo di Pirro, che si è fatto apprezzare nell'aria 'Balena in man del figliò. Circoscritto il ruolo di Andromaca, affidato a Marianna Pizzolato che ha comunque ben figurato nell'incontro-scontro con Ermione. Su tutti ha svettato Sonia Ganassi, che nella gran scena 'Essa corre al trionfò ha messo in luce le sue notevoli doti tecniche e d interpretative al servizio di un personaggio che le calza a pennello. Hanno svolto con efficacia il ruolo di comprimari Ferdinand von Bothmer (Pilade), Nicola Ulivieri (Fenicio), Irina Samoylova (Cleone), Cristina Faus (Cefisa) e Riccardo Botta (Attalo). Finale truculento con Pirro che appare in scena barbaramente giustiziato: un coupe del theatre che forse Rossini nella sua aurea astrattezza non avrebbe de tutto condiviso.

 

Panorama
14 agosto 2008

SPETTACOLI
Il destino di chiamarsi Abbado
Cugini cresciuti a pane e musica È la terza generazione dei musicisti. Roberto sul podio e Daniele in regia: insieme per la prima volta sul palco con "Ermione".

MARIELLA BOERCI


Roberto Abbado, 53 anni, (a sinistra), e Daniele, 50, in teatro a Pesaro.

È un po’ come chiudere un cerchio dopo anni di attesa. Per entrambi. E non soltanto per una questione di cromosomi (anche musicali) e di affetti: i due, che hanno le stesse radici familiari e il medesimo respiro, da tempo aspettavano l’occasione per incrociare i loro destini artistici.

A compiere l’incantesimo, il 10 agosto, sarà Ermione, primo titolo in cartellone del Rossini Opera Festival che riunirà per la prima volta sullo stesso palcoscenico Roberto Abbado, 53 anni, direttore d’orchestra di fama internazionale, e Daniele Abbado, 50, regista di punta delle principali ribalte liriche e direttore dei Teatri di Reggio Emilia. Figlio di Marcello, compositore e direttore del Conservatorio di Milano, il primo, Roberto, figlio di Claudio, uno dei più grandi direttori d’orchestra viventi, Daniele.

Due che, con il latte della madre, hanno bevuto i trii di Schubert, Brahms e Beethoven. "Pane e musica" ricorda calmo e lieve Roberto che pure, da bambino, voleva fare tutt’altro ("l’ingegnere aeronautico") e oggi, nel piccolo teatro di stucchi, velluti rossi e leggere muse dipinte inaugurato nel 1818 dallo stesso Rossini, si confessa "emozionatissimo" per questo debutto. Anche perché proprio a Pesaro, a 15 anni, ha tenuto per la prima volta tra le dita la bacchetta del direttore, "sia pure con un’orchestra di ragazzini".

"Ci intendiamo al volo,
come quando, da bambini,
ci ritrovavamo
a casa dei nonni".

Esperienza magica, tanto da avergli "cambiato per sempre la vita". Felicemente, s’intende. Nella piccola cittadina di Pesaro, ville liberty e 95 mila abitanti, lo ricordano ancora in tanti "quel ragazzino magro e dal viso aguzzo". Quelli che, parlando del festival, in questi giorni fanno su e giù per la lunga strada-passerella che attraversa la città dal teatro al mare: "Era già magnetico allora" dice qualcuno sventolando il biglietto della "prima". Una prima che è esaurita da settimane grazie a un piccolo esercito di melomani e intenditori in arrivo da ogni parte d’Italia e del mondo: oltre a 130 critici musicali, Vittorio Sgarbi, neosindaco di Salemi, il pretore Raffaele Guariniello, il principe Diofebo Meli Lupi di Soragna, Dariga Nazarbayeva, figlia del presidente della repubblica del Kazakhstan. Tutti affascinati dalla più sconosciuta e difficile opera di Rossini, rappresentata solo due volte: nel 1819, a Napoli, dove cadde rovinosamente la sera stessa della prima, e a Pesaro, nel 1987.

"Un’opera audace e forte" per Roberto Abbado. E, per Daniele, "un capolavoro musicalmente molto attuale", tanto che ne ha fatto una lettura "fuori dal tempo" con costumi moderni. In pieno accordo con il cugino, naturalmente.

Sul palcoscenico, i due s’intendono al volo, "senza quasi bisogno di parole". Come quando, da bambini, si ritrovavano ogni domenica a casa dei nonni, Michelangelo, violinista, e Maria Carmela, maestra di piano: tre generazioni sedute attorno a un unico tavolo per il pranzo della festa. Musicisti e affini che si tramandano il mestiere e il talento da oltre un secolo, dato che, come i Bach e i Puccini, anche gli Abbado hanno la musica nel corredo cromosomico.

"È durata finché ci sono stati i nonni" racconta Roberto, corpo elegante e mani educate, abituate a condurre, vibrare, disegnare il tempo. Senza nostalgie. Poi, il clan si è spezzato. Per varie ragioni: sentimentali (Claudio, che oggi vive ad Alghero, sul mare, si separò quando Daniele era ancora piccolo), ma anche professionali: Marcello, nominato direttore del Conservatorio di Pesaro, vi si trasferì con la famiglia per sette anni, mentre Gabriele, architetto, vive da tempo ad Arezzo, città della moglie, dove si occupa di energie alternative.

"Ci siamo fatti le ossa lontano
dall’ingombrante nome di famiglia.
Ma ora ci siamo ritrovati, ormai
adulti, sullo stesso palco".

A Milano è rimasta solo la sorella, Luciana, che aveva sposato il musicista Carlo Pestalozza: "L’unica che cerca ancora di tenere unita una famiglia che, pur amandosi molto, non ama mettere in scena certi sentimenti e si frequenta sempre meno" ammette Roberto. Un’eccezione è rappresentata dai due cugini che, dopo essersi persi di vista negli anni pesaresi, si sono ritrovati già adulti, dopo essersi fatti le ossa lontano dall’ingombrante nome di famiglia. Roberto, negli States, con le orchestre sinfoniche di Boston, Filadelfia, Chicago, Cleveland, San Francisco e la Los Angeles Philharmonic. Nel teatro lirico e musicale Daniele, diventato uno dei registi di punta.

Che, comunque, non ha mai tralasciato di correre a sentire dirigere il cugino. Anche a costo di affrontare viaggi scomodi. "Come quello di Macerata, in treno, per assistere al Simon Boccanegra diretto da Roberto". Adesso che questo festival incrocia finalmente i loro destini, i due non nascondono l’entusiasmo per questa Ermione che li riunisce e ha "un cast di voci di prim’ordine a partire da Sonia Ganassi". Con, per Roberto, una ragione in più. Sentimentale: "Il desiderio di ritrovare la città della mia adolescenza, questo panorama fatto di mare, di colline e di ulivi, di persone e luoghi conosciuti". E mai dimenticati.