Il Giornale di Vicenza
14 agosto 2008

ROSSINI OPERA FESTIVAL. A PESARO UN’ALTRA OPERA MISCONOSCIUTA
"Maometto II" rapisce il pubblico

Cesare Galla
da Pesaro

La seconda grande opera tragica del periodo napoletano di Rossini, "Maometto II", di poco posteriore a "Ermione" e quasi con lo stesso destino di misconosciuta grandezza (fu recuperata per la prima volta solo nel 1985, dopo un silenzio ultrasecolare, mentre ben altra fortuna è arrisa al radicale rifacimento francese preparato dal compositore, "Le siège de Corynthe") ha completato l'altra sera il ventaglio di proposte del Rof.

A differenza di "Ermione", che guarda al mito greco, "Maometto II" porta in scena personaggi storici in un contesto storico: la conquista di Negroponte, nonostante la disperata difesa della Serenissima, da parte del sultano che abbattè l'Impero romano d'Oriente impadronendosi di Costantinopoli. In questa cornice si sviluppa il dramma della figlia del comandante veneziano Paolo Erisso, Anna. Essa scopre che l'uomo di cui si è innamorata è proprio il condottiero musulmano, che si è finto un'altra persona. Dilaniata fra la devozione al padre, e l'amore per Maometto, sospettata di tradimento, la fanciulla risolverà il conflitto con eroica rinuncia a se stessa e al suo sentimento, garantendo la vittoria ai veneziani, accogliendo la volontà del genitore che la voleva sposata al capitano della Serenissima Calbo, e infine pugnalandosi. Archiviato il calco della tragicità classica, Rossini prefigura in "Maometto II" temi, situazioni, psicologie, atmosfere e ambientazioni del melodramma italiano di primo romanticismo. Lo fa con scelte formali radicali che superano la logica dei "numeri chiusi" per privilegiare la costruzione di grandi blocchi scenici in cui si addensano quasi a incastro arie, duetti e terzetti, cori. Ne risulta un’innovativa coesione drammaturgica, che scandisce il precipitare della tragedia con sofisticata ricchezza di soluzioni nella scrittura vocale come in quella strumentale, decisiva per realizzare la "tinta" cupa e senza speranza.

Il nuovo allestimento presentato l'altra sera alla Adriatic Arena di Pesaro si giova di una positiva sintonia tra fatto scenico e taglio interpretativo musicale. Da un lato, il regista Michael Hampe (con lo scenografo Alberto Andreis e la costumista Chiara Donato) realizza uno spettacolo di solida tradizione "all'antica italiana" con "quadri" descrittivi monumentali, ispirati a un immaginario iconografico di primo Ottocento; discorso analogo per gli abiti, ricchi e manierati. Movimenti, gesti, effetti di luce, fondali dipinti sono adeguati allo spirito di una ben congegnata regia narrativa, che segue lo stringente meccanismo teatrale congegnato da Rossini. Dall'altro lato, il direttore Gustav Kuhn, alla testa dell'orchestra Haydn di Bolzano e Trento, propone una lettura analitica, attenta a illuminare i particolari dello strumentale, un po' meno a mantenere l'equilibrio con i cantanti in scena.

La scelta di stile è evidente: prefigurare in "Maometto II" umbratili sensibilità proto-romantiche, esaltando la componente eroica dell'opera. Nella compagnia di canto, Michele Pertusi è un Maometto di esemplare autorevolezza scenica, più a suo agio nell'empito lirico che nello scatto marziale, sempre raffinato nella linea di canto. Inizialmente un po' in difficoltà nella zona acuta della tessitura, Daniela Barcellona è venuta a capo della grande aria di Calbo nel secondo atto con impeccabile coloratura in assoluta pertinenza stilistica. Paolo Erisso aveva la voce tenorile di Francesco Meli, svettante e molto ben condotta (ma un peso drammatico più evidente non avrebbe guastato), mentre nel ruolo di Anna ha debuttato il giovane soprano lettone Marina Rebeka. Voce chiara, la sua, non troppo corposa, impeccabile nell'agilità, intensa nel fraseggio: interpretazione appassionante sul piano lirico, più manierata nel taglio tragico. Accoglienze di viva approvazione, entusiastiche per Barcellona.

Repliche domani, il 18, il 20 e il 23.

 

L’Avvenire
14 agosto 2008

Il Rossini Festival chiude tra routine e trionfi
A Pesaro diverte ma non brilla l’"Equivoco stravagante" Entusiasma invece il dramma "Maometto II" con la regia di Hampe e un autorevole Pertusi nel ruolo del protagonista

di VIRGILIO CELLETTI

Dopo uno spensierato e caciarone Equivoco stravagante nello storico Teatro Rossini, il festival pesarese è tornato all’Adriatic Arena e alla tragedia dei sentimenti con Maometto II, un drammone appartenente al periodo napoletano del grande operista. In Rossini è facile trascolorare dal drammatico al giocoso, anche se poche volte una vicenda comica è tale fino in fondo, e quasi sempre un po’ fa pensare. Non però l’Equivoco stravagante, tutto votato alla spensieratezza e a un’allegria ridancia- na. Caratteristiche in questo caso esaltate dalla regia di Emilio Sagi che ha dato luogo a un allestimento tra il musical e ( per quanto riguarda il taglio delle gags) il cabaret, se non addirittura l’avanspettacolo d’una volta. Scorrevole ma niente di più la resa musicale affidata alla direzione di Umberto Benedetti Michelangeli, mentre nel cast spiccavano la vèrve di Bruno De Simone e la bella voce di contralto di Marina Prudenskaia. Routine, dunque. Il pubblico comunque ha gradito, riservando a tutti un applauso altrettanto colorito e chiassoso.

E se del pubblico ci si deve fidare, bisogna riconoscere che il Maometto II dell’altra sera può invece essere tranquillamente annoverato tra le realizzazioni del ROF più convincenti degli ultimi tempi. Certo mancava il fattore sorpresa che 23 anni or sono caratterizzò (sempre a Pesaro) la riscoperta di quest’opera. Stavolta come allora va apprezzata innanzitutto la regia passata dalle mani di Pier Luigi Pizzi (1985) a quelle di Michael Hampe. In entrambi i casi ci si è scrupolosamente attenuti al rispetto dell’epoca e dei luoghi in cui l’opera è ambientata, tanto più che si tratta di una vicenda dal preciso riscontro storico: il conflitto fra turchi e veneziani negli ultimi decenni del ’ 400 e la conquista da parte del sultano (Maometto II, appunto) della colonia di Negroponte. Per fortuna Hampe non è stato neppure sfiorato dalla tentazione di sfruttare questo storico avvenimento come spunto per affrontare l’odierno conflitto tra Occidente e Oriente. Assai convincente anche la prestazione della compagnia di canto. Autorevole vocalmente e come personaggio, Michele Pertusi era il sultano che nasconde la sua vera identità ad Anna (Mariana Rebeka, un soprano rivelazione che affronta con disinvoltura le fioriture e i passi d’agilità), facendola innamorare. Ma la giovane, per amore filiale e di patria, accetta di andare in sposa a Calbo (Daniela Barcellona, che come in Tancredi dà la sua splendida voce a un personaggio maschile), un ufficiale di suo padre (Francesco Melli) comandante della colonia veneziana. Ma è ormai prigioniera del sultano e, pur di non tradire, si toglie la vita. Gusta Kuhn ha diretto con vigore l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, forse eccedendo un po’ nei volumi.

 

FINANCIAL TIMES
Wednesday, August 13 2008

Rossini Opera Festival, Pesaro
Maometto II and L’equivoco stravagante

By Shirley Apthorp

For caricature Muslims, look no further than Rossini. At least, that’s what you might think if you saw Chiara Donato’s costumes for Maometto II, which opened on Tuesday night at the Rossini Opera Festival. Likewise, if sex is your obession, try L’equivoco stravagante as designed by Pepa Ojanguren and staged by Emilio Sagi.

In fact, Donato’s costumes for Maometto II, written for Naples in 1820, owe much to the original designs – Sultan Mahomet’s men, in baggy pants and fancy hats, besieging Venice with curved swords. Rossini was more interested in the dramatic context of traitorous love amid war than he was in cultural stereotypes, and the events of 1470 provided him with a framework for one of his most tempestuous and radical operas.

The Rossini Opera Festival has made comparatively radical choices for this new Maometto II, with Michael Hampe directing and Gustav Kuhn on the podium. Hampe, from whom a touch of German Regietheater might have been expected, proves radical only in his conservatism, with a stand-and-deliver staging that could equally well have been made half a century ago. This tale of forbidden love, betrayal and sacrifice at a time of war could fit in any context, but Hampe makes it nothing more than a series of decorative tableaux.

Kuhn milks Rossini’s startling score for every conceivable climax. He whips his Orchestra Haydn di Bolzano e Trento into a militaristic frenzy. The resulting sounds are brisk and brutal, and have little to do with Rossini as it is usually heard in Pesaro. Kuhn’s conducting impresses in the manner of a combine harvester – it’s big, loud and gets the job done, but everything is pulverised in the process.

Usually, the soprano loves the tenor and the father is the bass. In Maometto II, the heroic tenor is the soprano’s father, and the bass Maometto the man she loves. The man she ends up marrying would have been a castrato. The choice of voices and an unusually good libretto enabled Rossini to write some of his best-ever duets and trios.

Thankfully, this new production is well cast. As the nobly suicidal Anna, Marina Rebeka sings with precision and valour, her coloratura strung together with a pearly sheen, her tone burnished, every phrase filled with life. Francesco Meli, as her father Erisso, hits just the right note of mature heroism. He has an easy height, with the weight of authority and darker shades necessary. Daniela Barcellona, as bridegroom Calbo, wins applause for her agility, but is not on best form. In the title role, Michele Pertusi is suitably sonorous, though the role sits a little low for him.

Casting for Emilio Sagi’s relentlessly silly 2002 production of L’equivoco stravagante was more equivocal. As sex-crazed Ernestina, Marina Prudenskaja certainly looks like a woman who would drive men to distraction, but her sound lacks substance. Bruno de Simone is passably funny as her materialistic father. As her lovers, Dmitry Korchak (Ermanno) sounds fresh but lacks focus, while Marco Vinco (Buralicchio) loses concentration. The ensembles often fall apart, but that owes something to the haphazard conducting of Umberto Benedetti Michelangeli, the orchestra clearly saving itself for Kuhn.

 

THE STAGE
Tuesday 19 August 2008

Maometto II

by David Blewitt

The 2007 festival featured two concept productions of unmitigated awfulness. What a surprise, therefore, to encounter Michael Hampe’s old-fashioned staging of Maometto II (1820), with its crystalline narrative unfolding - no distracting goings-on to deconstruct.

Maometto is about the agonising dilemmas created by the tyrannical imperatives of love and duty to country. Rossini projects the resultant emotional conflicts via a series of heart-stopping, soul-searching trios, via striking accompanied recitative which often dramatically disrupts the conventional musical forms such as the aria with cabaletta.

The personal crises are also woven into the fabric of the big narrative ensembles. The score is a miracle of musical architecture, whose inexorable momentum powers the tragedy.

Chiara Donato’s costumes are colourful period. Alberto Andreis provides monumental settings in naturalistic mode. However, they sometimes necessitate the closure of the front curtain, which impedes momentum to the detriment of the score’s structural dynamic.

Gustav Kuhn too conducts a reading which tends to sectionalise the score so that, for example, the remarkable Act I Terzettone, Ohime! Qual fulmine, was served up in bits. Rossini builds in integrated blocks.

Despite such reservations, the production confirms Maometto as a masterpiece. And the fine cast do it proud. Francesco Meli’s weighty tenor, safe in passage work, catches the Venetian Commander Erisso’s stern morality. Marina Rebeka is a feisty Anna, whose tonal radiance and expressive ‘fioriture’ movingly reveal her inner torments.

Daniella Barcellona’s warm and agile mezzo fits the compassionate Calbo like a glove. Only Michele Pertusi’s imposing Maometto is vocally over-parted.

 

DER STANDARD
14. August 2008

Opern-Psychologie mit dem Krummsäbel
Beim Rossini-Festival im italienischen Pesaro beschenkt man 2008 auch "problematische" Werkgruppen mit eitel Wohllaut: Einschätzungsprobleme des 19.Jahrhunderts werden mit leichter Hand korrigiert


Edelmut tut in der Oper immer gut – also auch in Pesaro: Francesco Meli (Mitte) kniet in "Maometto II"  vor dem Titelhelden (Michele Pertusi, im Vordergrund rechts).

Bernhard Doppler aus Pesaro

Zu düster, zu obskur, zu deutsch! Für den erfolgsgewohnten Rossini waren die Uraufführungen von Ermione, L'equivoco stravagante und Maometto II, jene Opern, die im 29.Festspieljahr in Pesaro gezeigt werden, schlimme Misserfolge und wurden als Zeichen einer veritablen Schaffenskrise gewertet. Ist die Zeit dieser Werke erst im 21.Jahrhundert gekommen - werden sie erst jetzt verstanden? Nachdem in den letzten 30 Jahren in Pesaro mit viel Elan die verschüttete Welt der italienischen Oper des frühen 19. Jahrhunderts zunächst einmal freigelegt wurde, stellt sich mit dieser Frage das Rossini-Festival selbst auf den Prüfstand.

Für Rossinis größtes Desaster Ermione, eine "azione tragica" , gilt der späte Ruhm zweifellos: Nach einer exemplarischen Aufführung beim Rossini-Festival 1987 mit Chris Merritt, Montserrat Caballé und Marilyn Horne gehört Ermione inzwischen - insbesondere in den USA und England - zu den meistgespielten Rossini-Opern.

Ihre Modernität liegt in ihrer beispiellosen, radikalen Verweigerung jeder direkten Liebesbeziehung. Zuneigung wird in Arien und Duetten zwar beschworen, aber sie ist nur vordergründig geheuchelt, um sich an denen zu rächen, die sich der Liebe verweigern. Mit dem antiken Stoff nach Racine hat sich Rossini wohl auch mit der Tradition der französischen Opern von Christoph Willibald Gluck auseinandergesetzt. Statt einer Ouvertüre ein Chor, der das Los der kriegsgefangenen Trojaner beklagt. Werden sie in ihren unterirdischen Verließen gezeigt, wird der schräge Boden der nüchternen Bühne mit verschiebbaren weißen - bisweilen blutbeschmierten - Wänden aufgeklappt (Bühnenbild: Graziano Gregori).

Die Brutalität des Krieges wird in Daniele Abbados Inszenierung in modernen Uniformen beschworen, für einige Momente auch die Dekadenz von Pasolinis Salò-Film zitierend. Das erscheint ein wenig simpel und eher dem düsteren Blutrausch Strauss' Elektra nahe als der im Wohlklang schlummernden Abgründigkeit Rossinis.

Unter die Haut geht aber das Orchestra del Teatro Comunale di Bologna unter Roberto Abbado; die Sänger sehr heldisch, darunter ein Wettstreit zweier Tenöre: In der Publikumsgunst übertraf dabei der italienische Tenor Antonino Siragusa (Oreste) mit seinen glasklaren Höhen den als Charaktertenor aufbrausenden Amerikaner Gregory Kunde (Pirro).

Im Laufe des Abends gewann auch Sonia Ganassi als Ermione an Eindringlichkeit. Nach der unbarmherzig radikalen Ermione mit ihrer Liebesunfähigkeit scheint der Blick auf Rossini geschärft.

Kaum an Absurdität zu übertreffen ist das erst 2002 ausgegrabene Dramma giocoso L'equivoco stravagante; doch Regisseur Emilio Sagi gelingt es mühelos, die Geschichte vom reichen Bauern Gamberotto (eine Buffofreude: Bruno De Simone) und seiner aufgekratzten Tochter (Marina Prudenskaja) in die Chefetage eines Nahrungsmittelkonzerns zu übersetzen.

Endlose Koloraturketten

Das Orchestra Haydn di Bolzano e Trento bringt bei dieser Komischen Oper seine Qualitäten unter Umberto Benedetti Michelangeli zur Geltung, dafür umso mehr Maometto II unter Gustav Kuhn: die Auslotung Beethoven-naher Ensembles, die Vertiefung endloser Koloraturenketten der bewundernswerten lettischen Sopranistin Marina Rebeka als Anna.

Liebesduette singt Anna nur mit ihrem Vater - sehr impulsiv und jugendlich Francesco Meli, während ihre tiefe Zuneigung zu Maometto (Michele Pertusi) unterschwellig das Drama bestimmt. Die Eroberung des christlichen Negroponte durch islamische Gotteskrieger und ihr Doppelagententum hat nichts an Interesse verloren, doch Regisseur Michael Hampe entzieht sich jeder Aktualisierung durch eine überaus traditionelles Arrangement mit Perserteppichen, Krummsäbeln und Ritterrüstungen, das unfreiwillig die Grenze zur Karikatur überschreitet. Fazit: Die musikalische Modernität hat Pesaro 2008 durchaus erwiesen, die szenische Realisation dagegen zeigt bei den ernsten Opern: zunehmende Hilflosigkeit.